Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
COMPETENZE PATTO TRA GENERAZIONI
Nelle ultime settimane, da più parti è stata sollevata la «questione demografica». C’è chi rilancia il tema della grande fuga dei giovani dal Veneto, a caccia di posti di lavoro fuori regione o all’estero. C’è chi evidenzia che questa fuga dipende anche dalla persistenza di modelli di gestione manageriale vetusti, ispirati al paternalismo e dove prevale la fedeltà sul merito. C’è chi suggerisce di riallocare le risorse per le strutture educative e per l’infanzia, al fine di creare le condizioni di contesto che agevolano la conciliazione tra famiglia e lavoro. C’è chi lamenta la difficoltà a realizzare commesse già in portafoglio perché non riesce a trovare giovani con le competenze e l’interesse a svolgere lavori a contenuto tecnico. Sulle colonne di questo giornale abbiamo più volte affrontato questo tema, a cui il direttore Russello ha voluto dare un nome ben preciso «L’impresa della demografia» (Corriere del Veneto del 21 aprile). Il messaggio è chiaro: la «demografia aziendale» non si ferma al segmento delle persone giovani, ma si estende alla gestione dell’intero ciclo di vita professionale e richiede la capacità di adottare strumenti diversi nelle varie fasi della carriera, per tutte le figure professionali. In Italia e in particolare a Nordest, dove si assiste al paradosso dei giovani che emigrano dalla ricchezza (usando le parole dell’editoriale di Gigi Copiello dell’11 luglio).
Per tamponare rapidamente l’emorragia delle nuove generazioni e la difficoltà a reperire lavoratori qualificati, urge una scelta consapevolmente fuori dagli schemi. Sarà anche una soluzione di second best, ma noi non possiamo permetterci di «fare a meno dei vecchi». I nostri luoghi di lavoro sono pieni di persone che appartengono alla Generazione Inossidabile. Correva il 1992, quando il sociologo francese Michel Cicurel coniò questa bellissima espressione per indicare la generazione dei baby boomers. Cicurel diceva che questa generazione sarebbe stata privata delle comode certezze di una carriera già tracciata, e tra le criticità che avrebbe dovuto affrontare includeva anche l’improcastinabile esigenza di aggiornare le conoscenze e sviluppare nuove abilità. Sono passati quasi trent’anni, il mondo ne ha passate di tutti i colori, ma l’auspicio di Cicurel è rimasto quasi lettera morta. Una recente ricerca dell’Osservatorio Professioni Digitali ha dimostrato che nei mestieri consolidati, che sono quelli tipici delle nostre imprese, sta emergendo una «polarizzazione» tra classi di età: alle persone under 40 vengono assegnate con maggiore frequenza le attività a più elevato contenuto innovativo e che richiedono non solo il possesso di conoscenze tecniche, ma anche informatiche e digitali; le persone più mature, invece, sono impegnate di più nei lavori svolti con metodi tradizionali. È l’anticamera della marginalizzazione, che porta con sé non solo il rischio per le persone di essere espulsi dalle imprese, ma anche il rischio per le imprese di perdere le competenze tecniche di queste persone. Per scongiurare questo rischio, si deve agire almeno in due direzioni. La prima è strutturare e sostenere politiche di «mentoring», in cui le persone mature e qualificate «adottano» quelle più giovani e trasferiscono le competenze tecniche e i saperi taciti, e di «reverse mentoring», in cui sono le generazioni più giovani ad «adottare» quelle mature per trasferire le competenze digitali. La seconda è quella che i sindacati metalmeccanici del Veneto stanno elaborando con l’Osservatorio Professioni Digitali, a partire dal dettato del Contratto nazionale dei metalmeccanici, che introduce il diritto soggettivo dei lavoratori in tema di formazione continua: un progetto di Cittadinanza Digitale diffuso e capillare che permetta agli over 50 di recuperare quel gap di competenze digitali che, non per colpa, pesa sul loro futuro.