Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Rom sul modulo la scuola fa dietrofront
Fossò, l’istituto: «Nessuna discriminazione, noi mal interpretati». Ma ritira il modulo
VENEZIA Ha sollevato un polverone, il modulo d’iscrizione all’istituto comprensivo di Fossò e Vigonovo che chiedeva di specificare se il bambino è nomade, e se sì di quale etnia. Polemiche che hanno convinto il preside a ritirarlo.
VENEZIA Sinti, rom o caminanti. Chi voleva iscrivere i propri figli all’istituto comprensivo «Corner» di Fossò e Vigonovo (Venezia) doveva compilare un modulo che chiedeva anche se il bambino fosse nomade, e se sì di quale etnia.
A sollevare il caso sono stati i genitori di un alunno che si sono rivolti allo sportello sociale «Gap» di Padova e hanno trovato la sponda di Paolo Benvegnù, segretario regionale di Rifondazione Comunista. «Crediamo sia in atto un abuso ed una discriminazione gravissima – l’accusa lanciata su Facebook dai gestori dello sportello sociale -. Questo modulo va immediatamente ritirato perché vìola la nostra Costituzione, la legge Mancino e le normative europee che vietano qualsiasi censimento che faccia riferimento all’origine etnica dei cittadini».
Carlo Marzolo, il dirigente scolastico del Corner, si è affrettato a precisare che quei moduli venivano utilizzati solo in caso di iscrizione fuori tempo massimo, e che non avevano nessun intento discriminatorio; al contrario, sapere l’etnia dei bimbi avrebbe consentito alla scuola di pianificare meglio l’offerta formativa e di garantire una maggiore integrazione. Parole che però non hanno impedito alle polemiche di divampare. «Non siamo più ai tempi di Hitler - esclama Davide Casadio, vicentino, presidente della Federazione Rom e Sinti insieme -. Alla luce di quello che sta succedendo in Italia, queste cose devono essere denunciate
Casadio Non siamo più ai tempi di Hitler, bisogna denunciare con forza
con forza. Ora ci si mettono anche le scuole a fare le distinzioni come negli anni ’70, quando lo Stato metteva i bambini rom e sinti nelle scuole per loro. Eventuali problemi di apprendimento non riguardano solo rom e sinti, ma tutti i bambini».
Dalla Diocesi di Padova si alza la voce di don Luca Favarin, presidente dell’onlus Percorso Vita: «È giusto prestare attenzione alle peculiarità delle persone, ma non si fa così. Le intenzioni possono essere buone, ma quando vengono spiegate male rischiano di fomentare il razzismo. Gli interventi educativi si fanno a lezione, valorizzando le diversità. Così la scuola non allarga le braccia ma mette le mani avanti: è un approccio sbagliato, un atteggiamento volgare».
Augusta Celada, direttore dell’Ufficio scolastico regionale, fa sapere che la vicenda «non presenta una rilevanza disciplinare», ma ammette che «probabilmente il modulo non è in linea con le disposizioni in materia di riservatezza, ed è anche poco efficace: i bisogni educativi si affrontano in classe con strumenti pedagogici, non con atti amministrativi. Il dirigente scolastico si renderà conto che si tratta di un’iniziativa inopportuna, sempre che sia farina del suo sacco e non di qualche segreteria un po’ troppo zelante».
Sulla questione interviene anche la politica: Francesco Laforgia (Leu) presenta un’interrogazione urgente in Senato, la Cgil di Venezia si unisce al coro di chi chiede il ritiro del modulo, l’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan contesta le «differenziazioni di trattamento in base alla razza, alla lingua, alla religione, all’opinione politica o alla condizione personale e sociale», ma ravvisa anche «una grande contraddizione in Leu e parimenti nelle comunità Rom e Sinti, perché sono sempre i primi a rivendicare differenze e peculiarità, salvo poi scatenarsi quando queste vengono certificate».
Federica Boscaro, sindaco di Fossò, vede nel modulo «un errore, una svista uscita da chissà quale cassetto. La nostra scuola è lontanissima da ogni tipo di discriminazioni. Il modulo verrà ritirato, e se può servire chiedo scusa a chi si è sentito offeso». Sul sito del Corner poi compare una nota del preside Marzolo, in cui si ricorda che l’operato dell’istituto «è teso a tutelare l’interesse di ogni alunna e di ogni alunno, la sua crescita umana e culturale, nel rispetto e nella valorizzazione di ogni caratteristica personale». E il famigerato modulo? «Se dal punto di vista legale ha dei profili di illegittimità, lo cambieremo sicuramente», ha detto Marzolo all’Ansa. E così, dall’anno prossimo, non ci saranno più caselle da barrare alla voce «nomadi».
Celada I bisogni educativi si affrontano in aula, con strumenti pedagogici
Donazzan Rom e Sinti parlano sempre di peculiarità, perché ora protestano?