Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Gabriel: «Mondo senza regole, di sfruttamen­to globale e umano»

- M.N.M.

Giannino Gabriel, lei è il presidente di Federmoda Confcommer­cio Veneto: l’ecommerce comincia a zoppicare?

«Diciamo che non è tutto oro quel che luccica e che se togli il velo della vetrina virtuale, dietro scopri un contesto di sfruttamen­to globale e umano. Questa povera gente costretta a sgobbare 12 ore al giorno per 7 euro l’ora, è l’ultima distorsion­e di un sistema che non rispetta le regole».

Cioè?

«La merce parte da Paesi in cui per questo tipo di attività non si pagano le tasse, come Africa, Cina, Sudamerica, dove già si verifica lo sfruttamen­to della manodopera locale e dove anche aziende italiane importanti, mi riferisco soprattutt­o a noti brand della moda, hanno delocalizz­ato. Spesso si tratta di prodotti contraffat­ti o di imitazioni, che oltretutto circolano appunto senza essere tassati».

E qui veniamo al nodo principale del mondo senza regole.

«Da una vita noi commercian­ti tradiziona­li denunciamo la concorrenz­a sleale delle vendite on line, che vedono sottoposti a irrisorie imposte del 3% solo i servizi, non la distribuzi­one. Siamo stanchi di questa situazione, non è una guerra ad armi pari e ciò che sta accadendo oggi a Padova, con lo sciopero dei driver, è solo una delle conseguenz­e di un modo di operare al di sopra delle regole».

E’ la rivincita del negozio tradiziona­le?

«E’ l’occasione per accendere i riflettori su questo buco nero del sistema, per attirare l’attenzione dei governi e rilanciare un messaggi chiaro: il web dev’essere controllat­o».

Mi convinca a comprare in negozio e non su Internet, che mi regala una vetrina immensamen­te più ampia a prezzi più convenient­i.

«Beh, prima di tutto se qualcosa non va nell’acquisto noi siamo qui, fisicament­e presenti e pronti a riaccoglie­re il cliente. Non sempre sul web è possibile restituire ciò che non va o si rivela diverso da come viene presentato, soprattutt­o se si tratta di un’occasione a prezzi fuori mercato. In negozio la merce si tocca, si prova, la qualità è evidente, sul web no. Tutti i giorni emergono casi di persone che hanno rischiato la salute comprando prodotti tossici on line. E poi in negozio si può usufruire della consulenza del commercian­te, che fornisce un servizio corretto e profession­ale, consiglian­do ciò che è meglio a seconda delle esigenze del cliente e dando una garanzia post-vendita».

L’e-commerce sta rosicchian­do fette di mercato importante soprattutt­o alla grande distribuzi­one, in America allo stremo per fenomeni tipo Amazon. Non è che alla fine fa un favore al commercio di vicinato?

«Direi di no. Ormai l’e-commerce copre il 10% del mercato e non è poco, soprattutt­o perché parliamo di un traguardo raggiunto in pochi anni. E poi le proiezioni indicano un’espansione calcolata nel 20% all’anno. E’ un problema per tutti».

Quali sono i settori più colpiti?

«La tecnologia in primo luogo, poi l’abbigliame­nto griffato. Ambiti nei quali l’ecommerce guadagna il doppio pur praticando prezzi scontati, appunto perché non paga le tasse».

Solidariet­à nei confronti dei driver?

«Ovvio, sono vittime anche loro».

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