Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Viaggio nella mente A Una Montagna di Libri c’è Parks
Lo scrittore presenterà «Ma che cosa ho in testa» a Una Montagna di Libri. I meccanismi del nostro cervello tra coscienza, esperienza e memoria
La cover del mio iPhone che ho acquistato di recente è rossa. Se chiudo gli occhi riesco a vederla. Ma cosa significa che la vedo? Vedo il rosso dentro di me, o semplicemente ricordo di avere classificato il colore come rosso, secondo quello che Christof Koch ha definito un con job, un imbroglio? E ancora: ricordo di avere sognato un cane che voleva mordermi, in una stanza, e che mi difendevo con una sedia. Ma come sono sicuro che si trattasse rispettivamente di una stanza, di una sedia, di un cane? Quali attributi sono in grado di ricordare di essi - le dimensioni, il colore, l’odore, il materiale, un intarsio? Nessuno. Eppure so che erano una stanza, una sedia e un cane.
Sono riflessioni che mimano le domande che si pone Tim Parks nel suo ultimo libro, Ma che cosa ho in testa (pubblicato da Utet). In un affascinante viaggio attraverso la coscienza umana e il suo mistero tuttora intatto, Parks, scrittore e traduttore britannico che vive in Italia da molti anni - nel 2001 aveva seguito le vicende dell’Hellas Verona e della passione delle diverse tifoserie calcistiche raccontandole in Questa pazza fede - scrive per placare la propria sete di comprensione rispetto al funzionamento del cervello e della mente. E racconta con empirismo britannico per prima la propria esperienza, quello che sente: scrive appunto «sento che lo so» riguardo alla differenza tra le visioni di un sogno e la coscienza di essersi svegliato.
Questo approccio è il punto di partenza per tutto il racconto, che segue l’arco di due giornate trascorse presso l’Università di Heidelberg, che lo ha invitato, insieme ad altri scrittori, per intervistare neurobiologi e scienziati che vi lavorano. «Come affrontare la questione della coscienza, come invitare voi ad affrontarla, senza alcuna intenzione letteraria? Niente raffinatezze. O melodrammi. E neanche polemiche. Solo una domanda: possiamo noi persone comuni dire qualcosa di utile sulla coscienza a partire dall’osservazione della nostra esperienza, momento dopo momento, per un paio di giorni?».
Così utilizzando con sapienza narrativa gli spunti anche estremamente banali che gli offre l’esperienza della giornata, Parks incontra le principali teorie sulla coscienza esistenti oggi presso la comunità scientifica. Una realtà chiusa, ermeticamente sigillata in sé stessa, un «prodotto esclusivo del cervello», come sostiene la maggior parte degli scienziati, o un risultato dell’incontro con il mondo, o piuttosto, come sostiene Riccardo Manzotti, filosofo della spread mind, coscienza e mondo si saldano in un tutt’uno, e addirittura l’esperienza coincide con l’oggetto? Parks ricorda la feroce recensione del filosofo Alva Noë al film Inside Out: davvero il nostro sé coincide con il solo cervello, come aveva proposto Cartesio, e davvero il nostro cervello altro non è che un insieme spezzettato di esperienze, sensazioni e idee, come sosteneva Hume? Una sintesi «imbarazzante».
Tutto torna, infine, all’esperienza diretta. Così, quando nella sala colazioni dell’albergo di Heidelberg entra una profumatissima signora vestita in giallo, lo scrittore sussurra alla propria compagna: «naturalmente il giallo è tutto nella nostra testa. E anche il profumo». Lei risponde: «Eppure non c’è scampo. Anche se volessimo, non potremmo smettere di crearlo. Ed è giallo per entrambi». Il mistero non è svelato, ma leggendo incontriamo nuove domande, e forse capiamo qualcosa in più.