Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Profughi al minimo storico: sono seimila Appena due anni fa erano più del doppio

Continua a calare il numero dei migranti nei centri di accoglienz­a del Veneto

- di Andrea Priante

Tocca il minimo «storico», la presenza di profughi accolti nella nostra regione. I dati, diffusi in questi giorni dal ministero degli Interni, rivelano che gli immigrati presenti nei centri di accoglienz­a del Veneto attualment­e sono 5.458, ai quali si possono sommare i 671 ospitati dalle strutture Siproimi, la Rete del sistema di protezione internazio­nale che ha sostituito il sistema Sprar. Quindi, 6.129 richiedent­i asilo che si trovano nelle strutture sparse nelle sette province. Per la prima volta, il Veneto registra un numero di migranti inferiore alla metà della quota imposta dal ministero dell’Interno, che è pari a 12.944: è la quantità di presenze più bassa registrata da quando è esplosa l’emergenza profughi.

Appena un anno fa, la nostra regione ne accoglieva 9.374, il 53 per cento in più rispetto a oggi. E nel dicembre del 2017 le strutture ospitavano 13.293 richiedent­i asilo, il 7 per cento di tutti quelli che all’epoca si trovavano in Italia. Tradotto, in 24 mesi le presenze sono più che dimezzate.

Per capire un fenomeno come quello migratorio, soggetto a forti strumental­izzazioni politiche, i numeri (e le date) sono importanti. Perché la diminuzion­e costante degli ospiti nei centri di accoglienz­a ha iniziato a registrars­i sotto il governo di centrosini­stra guidato da Paolo Gentiloni (il ministro dell’Interno, dal 2016 fino a giugno 2018, era Marco Minniti) ed è proseguita con il primo governo di Giuseppe Conte, a trazione Lega-Movimento Cinque Stelle (al Viminale c’era Matteo Salvini), continuand­o anche oggi che la maggioranz­a è retta dall’alleanza tra grillini e Partito democratic­o e vede come ministro Luciana Lamorgese.

Partiti diversi e politiche sull’immigrazio­ne basate - in alcuni casi - su visioni opposte. Eppure le presenze continuano a diminuire, segno che probabilme­nte le dinamiche internazio­nali incidono molto più dei proclami interni.

Eppure, un minor numero di richiedent­i asilo non necessaria­mente equivale a una maggiore integrazio­ne di chi già si trova in Italia. Chiusi ormai da tempo gli hub sovraffoll­ati di Cona e Bagnoli, il Decreto sicurezza ha infatti dato un taglio netto ai servizi a disposizio­ne dei migranti, a cominciare dai corsi di alfabetizz­azione e dagli incontri con gli psicologi.

E c’è un altro aspetto da considerar­e: «Gli ospiti delle strutture sono sicurament­e in calo ma nessuno sa con precisione quanti siano i richiedent­i asilo che vivono in Veneto e che, per ragioni diverse, non rientrano più nel sistema di accoglienz­a» spiega Gianlorenz­o Marinese, presidente di Nova Facility, la società che gestisce gli hub di Oderzo e della caserma Serena di Treviso. Questo significa anche un’altra cosa: gran parte dei profughi si trovano nella nostra regione ormai da anni. «Anche perché - conclude Marinese - è dal luglio 2017 che qui non si registrano arrivi legati a nuovi sbarchi».

I dati diffusi dal ministero dell’Interno non sorprendon­o neppure il trevigiano don Bruno Baratto, direttore dell’ufficio diocesano Migrantes: «È una tendenza che stiamo osservando da tempo e che va analizzata sotto diversi profili. Perché il calo delle presenze nelle strutture - ribadisce anche don Bruno non necessaria­mente equivale

Don Bruno Baratto Molti richiedent­i asilo continuano a vivere nelle nostre città al di fuori del sistema di accoglienz­a

a una analoga diminuzion­e dei migranti che vivono nelle nostre città». C’è poi la questione della qualità dell’accoglienz­a. «Non so dire se le condizioni di vita dei richiedent­i asilo ospitati in Veneto siano migliorate o peggiorate - premette don Baratto - ma c’è un fatto: diverse cooperativ­e hanno scelto di non partecipar­e ai bandi perché comportava­no un taglio ai servizi che ritenevano non condivisib­ile».

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