Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Profughi al minimo storico: sono seimila Appena due anni fa erano più del doppio
Continua a calare il numero dei migranti nei centri di accoglienza del Veneto
Tocca il minimo «storico», la presenza di profughi accolti nella nostra regione. I dati, diffusi in questi giorni dal ministero degli Interni, rivelano che gli immigrati presenti nei centri di accoglienza del Veneto attualmente sono 5.458, ai quali si possono sommare i 671 ospitati dalle strutture Siproimi, la Rete del sistema di protezione internazionale che ha sostituito il sistema Sprar. Quindi, 6.129 richiedenti asilo che si trovano nelle strutture sparse nelle sette province. Per la prima volta, il Veneto registra un numero di migranti inferiore alla metà della quota imposta dal ministero dell’Interno, che è pari a 12.944: è la quantità di presenze più bassa registrata da quando è esplosa l’emergenza profughi.
Appena un anno fa, la nostra regione ne accoglieva 9.374, il 53 per cento in più rispetto a oggi. E nel dicembre del 2017 le strutture ospitavano 13.293 richiedenti asilo, il 7 per cento di tutti quelli che all’epoca si trovavano in Italia. Tradotto, in 24 mesi le presenze sono più che dimezzate.
Per capire un fenomeno come quello migratorio, soggetto a forti strumentalizzazioni politiche, i numeri (e le date) sono importanti. Perché la diminuzione costante degli ospiti nei centri di accoglienza ha iniziato a registrarsi sotto il governo di centrosinistra guidato da Paolo Gentiloni (il ministro dell’Interno, dal 2016 fino a giugno 2018, era Marco Minniti) ed è proseguita con il primo governo di Giuseppe Conte, a trazione Lega-Movimento Cinque Stelle (al Viminale c’era Matteo Salvini), continuando anche oggi che la maggioranza è retta dall’alleanza tra grillini e Partito democratico e vede come ministro Luciana Lamorgese.
Partiti diversi e politiche sull’immigrazione basate - in alcuni casi - su visioni opposte. Eppure le presenze continuano a diminuire, segno che probabilmente le dinamiche internazionali incidono molto più dei proclami interni.
Eppure, un minor numero di richiedenti asilo non necessariamente equivale a una maggiore integrazione di chi già si trova in Italia. Chiusi ormai da tempo gli hub sovraffollati di Cona e Bagnoli, il Decreto sicurezza ha infatti dato un taglio netto ai servizi a disposizione dei migranti, a cominciare dai corsi di alfabetizzazione e dagli incontri con gli psicologi.
E c’è un altro aspetto da considerare: «Gli ospiti delle strutture sono sicuramente in calo ma nessuno sa con precisione quanti siano i richiedenti asilo che vivono in Veneto e che, per ragioni diverse, non rientrano più nel sistema di accoglienza» spiega Gianlorenzo Marinese, presidente di Nova Facility, la società che gestisce gli hub di Oderzo e della caserma Serena di Treviso. Questo significa anche un’altra cosa: gran parte dei profughi si trovano nella nostra regione ormai da anni. «Anche perché - conclude Marinese - è dal luglio 2017 che qui non si registrano arrivi legati a nuovi sbarchi».
I dati diffusi dal ministero dell’Interno non sorprendono neppure il trevigiano don Bruno Baratto, direttore dell’ufficio diocesano Migrantes: «È una tendenza che stiamo osservando da tempo e che va analizzata sotto diversi profili. Perché il calo delle presenze nelle strutture - ribadisce anche don Bruno non necessariamente equivale
Don Bruno Baratto Molti richiedenti asilo continuano a vivere nelle nostre città al di fuori del sistema di accoglienza
a una analoga diminuzione dei migranti che vivono nelle nostre città». C’è poi la questione della qualità dell’accoglienza. «Non so dire se le condizioni di vita dei richiedenti asilo ospitati in Veneto siano migliorate o peggiorate - premette don Baratto - ma c’è un fatto: diverse cooperative hanno scelto di non partecipare ai bandi perché comportavano un taglio ai servizi che ritenevano non condivisibile».