Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Condanne confermate per i dirigenti Anas

Martina morì a 13 anni investita da un camion. Il papà: «Fatta giustizia»

- Davide Piol

BELLUNO Quattro mesi di reclusione ciascuno, pena sospesa. La Corte d’appello di Venezia ha confermato la condanna ai due dirigenti Anas, Ettore Cesbron De La Grannelais ed Eutimio Muccilli, dichiarati responsabi­li per la morte della tredicenne bellunese Martina Bonavera investita da un camion nel 2013 mentre attraversa­va la strada a Salce. «Cinque anni di battaglie, lacrime e notti insonni – ha commentato il papà Francesco – Ne è valsa la pena? La condanna, seppur lievissima nella sua quantifica­zione se rapportata a una vita umana, riveste per me un inestimabi­le valore morale. È frutto della caparbietà, dell’ostinazion­e e della voglia di giustizia di fronte a un avversario apparentem­ente più forte, contro il quale dicevano che non l’avremmo mai spuntata. Ma soprattutt­o è frutto di una promessa che ho fatto sette anni fa di fronte a una bara. Si ne è proprio valsa la pena». L’incidente era avvenuto il 9 marzo del 2013 a Salce. Martina Bonavera arrivava a piedi da una secondaria che si immette nella statale 50.

Doveva raggiunger­e la fermata dell’autobus al di là della strada e per farlo aveva due possibilit­à: o attraversa­rla velocement­e in modo da raggiunger­e il marciapied­e dall’altra parte o camminare lungo la statale fino alle strisce pedonali, una settantina di metri più in là, senza vedere le macchine in arrivo dietro di lei. Aveva scelto la prima opzione ed era stata investita da un camion. L’autista, un 72enne di Pedavena, era stato condannato a 18 mesi di reclusione poi ridotti a sei dalla Corte d’appello e infine confermati dalla Cassazione. Subito dopo si era aperto il fascicolo riguardant­e le responsabi­lità di Anas. «Siamo soddisfatt­i – ha spiegato l’avvocato Chiara Tartari, legale dei coniugi Bonavera – È stato un processo in salita per la complessit­à della vicenda sotto il profilo giuridico e per la quantità di documenti da analizzare. Alla fine è stata confermata la sentenza di primo grado che aveva sposato tutte le nostre argomentaz­ioni».

La pena

La corte d’Appello di Venezia ha confermato la condanna a 4 mesi di reclusione

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