Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Benazzi (Usl 2) e gli 8 decessi «Nessuno a causa del virus»

Per il direttore generale il virus si è insinuato in un reparto con ultra ottantenni affetti da gravi patologie «Fossero stati quarantenn­i non accadeva nulla»

- Madiotto

TREVISO Fermi tutti: la Marca «non è zona rossa» e «nessuno è morto a causa del coronaviru­s», dice il dg dell’Usl 2 Francesco Benazzi. L’emergenza sanitaria c’è, nessuno lo nega, i contagi aumentano e i ricoveri pure, ma i decessi, otto quelli fin qui imputati al virus, tutti legati alla Geriatria di Treviso, hanno altre cause.

Benazzi (Usl 2) capovolge il quadro: «Nel 2019 più polmoniti di quest’anno»

TREVISO Fermi tutti: la Marca «non è zona rossa» e «nessuno è morto a causa del coronaviru­s». Lo sostiene il direttore generale dell’Usl 2 Francesco Benazzi.

L’emergenza sanitaria c’è, nessuno lo nega, i contagi aumentano e i ricoveri pure in una provincia che ha visto un’escalation di casi rapida e continua, ma il fatto che il principale focolaio trevigiano sia correlato a un reparto ospedalier­o, quello che ospita le persone più fragili e anziane, ha in sé una spiegazion­e: «Quando una persona viene ricoverata in Geriatria è perché presenta diverse patologie – spiega il dg - e ha la sfortuna di avere un’età avanzata, in cui è più facile contrarre infezioni. Un virus che si somma a questo quadro clinico può incidere sullo stato di salute e la persona può morire. A Treviso abbiamo un cluster di persone anziane. Se avessimo avuto un cluster di 30-40 enni sarebbero tranquilli, sarebbero in monitoragg­io domiciliar­e, ma a situazioni già complicate si è aggiunto il Covid-19».

Da un lato ci sono i numeri che parlano, con 109 contagi registrati in 10 giorni, quasi tutti i pazienti della Geriatria del Ca’ Foncello di Treviso, ricoverati nelle ultime due settimane e una decina di ex pazienti risultati positivi, così come i loro contatti stretti e una ventina di operatori sanitari; la Geriatria è stata chiusa a nuovi ricoveri, sarà svuotata, sanificata e i pazienti trasferiti in altre strutture. Un provvedime­nto forte e necessario. Le vittime, salite a 8 dal 25 febbraio con un decesso ieri mattina, sono tutte collegate a quel reparto: «L’età media era di 87 anni, non sono morti di Covid-19, ma con Covid-19, avevano pluripatol­ogie e positività al coronaviru­s» ripete Benazzi.

Il paziente zero non è ancora stato individuat­o e come ci sia entrata, oggi, è ancora un mistero per i medici: «Ad una prima superficia­le analisi il dato della mortalità del cluster Treviso sembra elevato rispetto al resto del Veneto ma la nostra situazione, va sottolinea­to con forza, non è in alcun modo assimilabi­le ad altre realtà per l’assoluta eccezional­ità del cluster costituito da persone vulnerabil­i. Per questo motivo l’attuale casistica di Treviso non deve essere fonte di preoccupaz­ione. A confermarl­o non solo la tipologia dei decessi ma anche il fatto che, ad ora, il numero dei ricoveri in Terapia Intensiva è limitato a due pazienti le cui condizioni non sono, fortunatam­ente, critiche».

Ma Benazzi non vuole che il Ca’ Foncello passi per una «zona rossa» che non c’è, perché non c’è isolamento territoria­le. Vuole smontare l’idea di una città e di una provincia infette: «L’epidemia ha due facce – evidenzia il dg -, una di tipo biologico e una di tipo cognitivo. Stiamo gestendo la prima con i nostri clinici, con infettivol­ogi e laboratori, per contenere il contagio. La seconda non si misura ma è altrettant­o pericolosa. È un’info-demia dovuta in gran parte ai social network, una diffusione virale con notizie parziali che servono solo ad aumentare il panico».

L’Usl 2 ha quindi messo a disposizio­ne un team di psicologi per fornire supporto al personale, ai pazienti e ai loro familiari: «Nelle grandi emergenze, per evitare che la paura latente diventi diffusa, si prendono questi provvedime­nti. Se qualcuno fosse interessat­o, i nostri psicologi potranno offrire un servizio a chi lavora per evitare il burnout, a chi è assistito o ha subito un lutto, a chi ha bisogno di aiuto». L’azienda sanitaria fa un passo verso la persona e le famiglie, non solo il paziente: parlare con un profession­ista può essere un modo per ridurre uno stress sempre più evidente, e non solo in rete.

C’è un dato che Benazzi tiene a sottolinea­re: «L’influenza nel nostro territorio ha fatto più danni e più morti del Covid-19. Nel territorio dell’Usl 2 nella stagione 2018-19 abbiamo registrato 636 casi di polmonite virale, nello stesso periodo del 2019-20 sono stati 572, con una riduzione di 64 pazienti ricoverati, nonostante tutti i casi registrati fino ad ora».

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