Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
IL TEOREMA CAMPER
«Andremo con il camper a fare il tampone a tutti», dice il governatore veneto Luca Zaia. Fino a qualche settimana fa la parola camper ispirava viaggi e vacanze, peraltro solleticati dal clima decisamente primaverile di questi giorni. Oggi no, evidentemente: il clima primaverile è decisamente soverchiato da quello cupo ed ansioso della pandemia. Dove vale uno studio molto significativo.
Studio prodotto dalla rivista americana Science (e che è alla base dell’affermazione di Zaia) secondo il quale, in sostanza, per ogni caso noto di coronavirus ce ne sarebbero altri cinque o addirittura dieci in giro ancora non individuati. Insomma degli involontari untori – per agganciarci al termine di cui alle pestilenze del Cinque-Seicento – responsabili (loro malgrado ovviamente) dell’80 per cento dei contagi. Sono, in altre parole, i cosiddetti asintomatici, il sommerso esplosivo della pandemia. Stimati, scrive la rivista, in un numero oscillante tra i 150 ed i 300 mila contagiati pur invisibili, decisamente molti di più di quelli rilevati ufficialmente nel nostro paese. Il caso piccolo ma epidemiologicamente importante di Vò Euganeo docet: perché qui tra il 50 ed il 75 per cento dei casi positivi non aveva alcun sintomo. Come dire che la maggioranza degli ignoti casi positivi impersonava, di fatto, gli innocenti untori di questa pestilenza che oggi firma le nuove paure di questo inizio secolo.
Ora l’idea veneta dello screening di massa sembra fare scuola con l’adesione, per ora, di Toscana ed Umbria, anche se non mancano autorevoli voci contrarie. Sarà un caso, ma in Corea il tasso di mortalità (misurato come numero di morti da coronavirus diviso per il totale dei contagiati misurati) è lo 0,91 per cento, mentre da noi è arrivato – il 16 marzo – al 7,7 per cento, una lugubre percentuale che non si trova in un nessun altro paese del mondo. Dato che la sua sequenza genetica poco mutevole non rende il virus più letale in alcuni paesi rispetto ad altri, la reale mortalità del coronavirus misurata come rapporto morti-contagiati effettivi dovrebbe essere più o meno simile ovunque. Invece per l’Italia è possibile che sia proprio la sottostima del numero dei contagiati a far salire il tasso di mortalità. Per cui se il tasso di mortalità della Corea e della Cina fosse quello «vero» da applicare all’Italia, vorrebbe dire che al 16 marzo in Italia c’erano 235 mila contagiati, otto volte di più dei 28 mila registrati ufficialmente. Una differenza considerevole, che verrebbe spiegata dalle migliaia di contagiati asintomatici sconosciuti che il virus semina silenziosamente; i tamponi estesi a tutti dovrebbero allora – come di un iceberg – permettere di cogliere la parte sommersa della pandemia. E, come sappiamo degli iceberg, la loro parte sommersa è molto più grande di quella emersa, ed è anche quella assai più temibile.