Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tenuti schiavi nei vigneti del Prosecco
Quattro arresti per caporalato nella Marca. Lavoratori minorenni pagati in sigarette
TREVISO I carabinieri hanno arrestato ieri quattro persone, un’italiana, una spagnola e due pakistani con l’accusa di sfruttamento del lavoro in concorso. L’operazione, scattata dopo mesi di indagini su alcuni braccianti pakistani, alcuni dei quali sono minorenni, ha messo in luce un sistema di sfruttamento nelle tenute di alcune aziende vitinicole note nel settore del Prosecco. I braccianti erano costretti a dormire per terra e spesso pagati in sigarette.
TREVISO Stavano tra i filari dall’alba a quando faceva buio. Senza alcuna misura di sicurezza e sprovvisti di qualsiasi dispositivo di protezione. E quando tornavano a casa, ad attenderli c’era un giaciglio sul pavimento in un alloggio senza riscaldamento e luce.
Questo il modo in cui, per mesi, avrebbero vissuto 10 braccianti pakistani, sfruttati da due connazionali e dalle loro compagne, una italiana e una spagnola, che li impiegavano nella vendemmia o nella potature dei vigneti per aziende note nel settore vitivinicolo che hanno contribuito a rendere famosa la Marca, in primis con il nome Prosecco.
A scoprirlo i carabinieri di Treviso e del Nucleo tutela lavoro di Venezia con un’operazione anticaporalato che ha portato in cella i quattro indagati. E tra gli arrestati c’è anche Monica Corrò, la sorella di Marilena l’albergatrice trevigiana brutalmente uccisa a Capo Verde nel novembre scorso. La 50enne trevigiana è stata arrestata nella notte di martedì a Spoleto (Perugia), dove si trovava insieme al compagno K.D. 31 anni titolare dell’impresa che forniva manodopera. In manette sono finiti anche K.D. 30enne e la compagna C.G.S. 30enne spagnola. Sono accusati di sfruttamento del lavoro in concorso nei confronti dei braccianti pakistani, alcuni minorenni.
A chiedere l’ordinanza di custodia cautelare, il sostituto procuratore Anna Andreatta, che ha coordinato l’indagine dei carabinieri iniziata a febbraio dopo un intervento a San Biagio di Callalta. I militari guidati dal tenente colonnello Luigi Magistris, erano stati chiamati per una lite tra un bracciante e il suo datore di lavoro, per il mancato pagamento del lavoro di potatura in un vitigno. Così con appostamenti, pedinamenti e testimonianze, i militari hanno scoperto l’incubo vissuto dai braccianti, tutti assoldati dalla stessa ditta che ha sede legale a Treviso.
Approfittando dello stato di bisogno e vulnerabilità dei lavoratori, alcuni senza permesso di soggiorno o richiedenti asilo, gli indagati li avrebbero fatti lavorare senza pagarli o pagandoli con stipendi ben al di sotto dei minimi contrattuali. «A volte veniva loro corrisposto solo il denaro sufficiente per comprare sigarette e ricariche telefoniche – spiegano gli inquirenti -. Sistemati in alloggi di fortuna a Roncade, senza riscaldamento ed energia elettrica, per i quali pagavano tra i cento e i duecento euro, a seconda che gli fosse assegnato un posto letto o sul pavimento».
Gli sfruttatori erano molto attenti e per evitare i controlli li svegliavano all’alba, poi stipati dentro furgoni, li portavano nei vigneti dove lavoravano, sotto stretta sorveglianza, fino a tarda sera. «Le vittime erano intimorite da questi soggetti di provata pericolosità – continuano -. Il titolare dell’azienda ha incendiato l’autovettura di un dipendente quando ha saputo che stava collaborando con i carabinieri come interprete con gli altri lavoratori». L’operazione dei ha incassato il plauso del sindaco Pieranna Zottarelli che ha ringraziato carabinieri e magistratura per «le indagini avviate anche grazie alle segnalazioni di amministrazione e cittadini. A Roncade non c’è spazio per chi delinque». Il segretario Flai Cgil Treviso Rosita Battain chiede maggiori investimenti sui controlli. «Quest’inchiesta conferma la presenza del fenomeno anche nel nostro territorio».