Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Romanzi, la sfida ll miglior titolo del Novecento
Parise o Buzzati? Comisso o Salgari?Alla ricerca del miglior titolo del ‘900 Dopo la «classifica» di Montanaro i pareri dei protagonisti della cultura, da Scarpa a Beltotto e Strukul
L’invito a riscoprire o rileggere Barbaro e Marigo, Camon e Cibotto E c’è chi sostiene che non può mancare Zanzotto, anche se poeta
Cinque libri di narrativa scelti con «criteri arbitrari per stilare una personale classifica» della letteratura veneta del Novecento. Sapendo fin dall’inizio che è un’operazione difficile, se non impossibile, lo scrittore Giovanni Montanaro ha accettato la sfida lanciata dal
Corriere del Veneto e nelle settimane scorse ha presentato i suoi romanzi preferiti: al primo posto troviamo i Sillabari
(in realtà una raccolta di racconti) di Goffredo Parise, seguiti dal Male oscuro di Giuseppe Berto, Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern, Le due tigri di Emilio Salgari e Libera nos a Malo
di Luigi Meneghello. «I miei preferiti - dichiara lo scrittore veneziano scelti tra tanti libri straordinari che ho riscoperto in questo periodo e che credo siano davvero da rileggere. Attuali, spiazzanti, lirici, dolorosi, avventurosi. Hanno saputo raccontare le tante anime della nostra regione, della nostra gente, dall’amore alla guerra, dalla malattia alla gioia».
Proseguendo nel «gioco», oggi andiamo a scoprire se i testi indicati raccolgono il consenso di altri uomini della cultura veneti, o se -altrettanto arbitrariamente- andrebbero inseriti in graduatoria altri scrittori. Com’è ovvio, si tratta semplicemente di un’opportunità per suggerire libri che possono aiutare tutti noi a capire il territorio dove viviamo, decifrandone le caratteristiche più insite e decodificandone il linguaggio.«È molto crudele scegliere solo cinque romanzi» esordisce il veneziano Tiziano Scarpa, vincitore del Premio Strega con Stabat Mater, che subito scombina le carte e mette in classifica non libri ma solo autori. «Dino Buzzati, che ci ha mostrato che si può andare altrove, è l’esempio della grande alterità; Paolo Barbaro rappresenta lo snodo del ‘900 con testi poetici e scientifici allo stesso tempo, e infine Ferdinando Camon ha visto e raccontato il trapasso tra il Veneto dei nostri padri e quello moderno». Senza scordare Daniele Del Giudice, a Venezia da oltre trent’anni. A sorpresa, è lo stesso Scarpa («capace di plasmare la lingua con creatività ariostesca») a entrare nella classifica stilata dal filosofo musicista Massimo
Donà, scalzando Salgari. «Per il resto sono d’accordo con
Montanaro, sono questi i grandi autori del nostro Novecento, solo metterei in testa Zanzotto, anche se poeta».
Dello stesso parere il produttore cinematografico
Francesco Bonsembiante: «non possiamo certo lasciare fuori Zanzotto – precisa – la figura letteraria veneta più importante». Come Donà, il produttore del pluripremiato Io sono Lì inserisce a forza in classifica Trevisan con Works (2016), «libro vero, reale, drammatico, che racconta il Veneto in un modo strepitoso». «So di non essere originale» dichiara lo scrittore padovano Romolo Bugaro, due volte finalista al Premio Campiello, elencando le sue preferenze: «i Sillabari sono folgoranti, semplicissimi e al tempo stesso indelebili; Berto stilisticamente è magnifico, si inventa uno stile di una modernità assoluta, e Meneghello ha la capacità di raccontare i momenti drammatici in un modo antiretorico». A questi affiancherebbe il già citato Camon e Gian Antonio Cibotto «perché nessuno come lui riesce a fondere figure umane e paesaggio in un’unica storia».
Anche il presidente del Teatro Stabile del Veneto Giampiero Beltotto concorda che si tratti di «romanzi bellissimi», solo invertirebbe la scaletta mettendo al primo posto Salgari, «il più bravo, creativo e prolifico, quello che aveva in testa un lettore» e subito dopo Berto, «che racconterebbe meglio di tutti questi giorni di estraniazioni e di dolore». Alla sua ideale graduatoria aggiungerebbe anche Luciano Marigo di Due giorni con Chiara e Bugaro di Effetto domino (2015), romanzo che «pur non essendo del Novecento, racconta il Veneto di adesso senza afflato ideologico».
Beltotto, però, si chiede come mai non ci siano donne in classifica, «segno di grande disattenzione da parte della cultura veneta», e subito dopo Marigo colloca La masseria delle allodole di Antonia Arslan (2004). Anche la scaletta del padovano Matteo Strukul pone incontrastato al primo posto Salgari, questa volta però con La regina dei Caraibi. L’autore della saga dei Medici, successo internazionale tradotto in molte lingue, non nasconde la sua personale predilezione per i romanzi storici e fantastici. «Salgari andrebbe celebrato e studiato molto di più -sottolinea l’autore – e in generale i narratori d’avventura provano a raccontare le grandi storie che diventano poi patrimonio collettivo». Per questo metterebbe in classifica anche Alberto Ongaro, vincitore del Campiello con La partita, «capolavoro indiscutibile», e Barnabò delle montagne di Buzzati, «romanzo importante che racconta qualcosa di più della sua Belluno, come l’immensità, il silenzio e il momento delle grandi occasioni. Elementi presenti nei più grandi libri».
«Tutto sommato le scelte di Montanaro mi corrispondono – dichiara infine Ennio Bianco -, ma non è possibile lasciare fuori Giovanni Comisso, che rappresenta la letteratura veneta del 900, a partire da Giorni di guerra dove c’è tutto il Veneto». Per Bianco, presidente dell’Associazione Amici di Comisso, «in testa alla classifica ci sono tre ex equo: Parise, Comisso e Berto, seguiti da Meneghello e Rigoni Stern».