Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Lockdown finito, contagi in calo Zaia: non ci sono nuovi focolai
Mantoan: «Il modello veneto vincente per tamponi, raddoppio dei letti di Terapia intensiva e creazione delle Sub-intensive». In arrivo 3 milioni di mascherine
VENEZIA Il report del Comitato scientifico nazionale non è ancora arrivato, ma il Veneto può già dire che i primi dieci giorni senza lockdown e con il rientro al lavoro di 1,2 milioni di cittadini non hanno invertito la rotta della curva del contagio da coronavirus Covid-19, in discesa dal 10 aprile scorso. Emerge dal confronto dei dati forniti dalla Regione: il 4 maggio c’erano 943 ricoveri in Malattie infettive e Pneumologia e 101 in Terapia intensiva, oggi quasi dimezzati rispettivamente a 597 e 59; dieci giorni fa i guariti erano 9.631 e oggi risultano 12.492, mentre in isolamento domiciliare si registravano 6.779 pazienti, contro gli attuali 4.436.
Sono però aumentati da 18.378 a 18.858 i soggetti positivi al Covid-19, così come i decessi, passati da 1.539 a 1.757. «Va detto che siamo la realtà nel mondo ad aver effettuato il maggior numero di tamponi, 474.912, ormai mirati sui contatti dei contagiati, quindi è naturale trovare ancora infetti — ripete il governatore Luca Zaia —. Anche se nelle ultime 24 ore i 11.219 tamponi eseguiti hanno identificato solo 35 positivi. Quanto alle vittime, si tratta di malati ricoverati da 3-4 settimane, non di nuovi casi. Oggettivamente i ricoveri stanno diminuendo in maniera vistosa, quindi se la preoccupazione dopo le riaperture del 4 maggio era di assistere a una riacutizzazione dell’infezione, possiamo dire che ad oggi non abbiamo segnale di altri microfocolai». «Il coronavirus ha messo sotto stress tre fra i migliori Sistemi sanitari italiani — aggiunge Domenico Mantoan, direttore generale della sanità regionale e presidente dell’Agenzia italiana del Farmaco — cioè quelli di Lombardia, Veneto ed Emilia. Abbiamo dovuto imparare sul campo cos’è il Covid-19, perché all’inizio le istituzioni scientifiche internazionali, Oms in testa, ci avevano detto che si trattava di una sorta di influenza, che i tamponi andavano riservati ai sintomatici, che la mascherina non serviva. Insomma, la malattia ci ha colti tutti impreparati e allora noi del Veneto siamo andati contro le regole e il 31 gennaio abbiamo presentato un piano di sanità pubblica che prevedeva da subito tamponi anche ai contatti stretti dei sintomatici e l’attivazione di una piattaforma informatica in cui inserire tutti i dati del contagio in tempo reale e relative simulazioni. I nostri modelli previsionali all’inizio facevano paura — confida Mantoan — se non avessimo fatto nulla, saremmo arrivati a fine aprile con 1.700 malati in Terapia intensiva a fronte di 494 letti disponibili. E allora abbiamo deciso di attivarne altri 300 in dieci giorni e poi ancora, fino a 829. E siccome il picco è arrivato nella nostra regione con una settimana di ritardo rispetto alla Lombardia, abbiamo capito che il segreto era di non occupare subito tutti i letti di Terapia intensiva, così ne abbiamo creati altri di sub-intensiva (passati da 85 a 383, ndr), non previsti dal decreto 70 sugli standard ospedalieri e inseriti due giorni fa dal nuovo decreto. È stata una delle scelte decisive».
Tutto ciò è stato reso possibile da un modello che punta anche sull’assistenza territoriale (fin dall’inizio asintomatici e pazienti con sintomi lievi sono stati messi in quarantena a casa, evitando così l’intasamento degli ospedali visto in Lombardia), che è stato reso più agevole dalla riduzione delle Usl da 21 a 9 e più competitivo dalla creazione di Azienda Zero, il cervello del sistema. «Pur senza il favore del mondo scientifico, siamo riusciti a spegnere l’infezione, riducendo i danni — chiude il dg —. Ora lo Stato faccia tesoro di queste esperienze regionali, prenda le migliori e le porti a sistema». E ieri il ministero della Salute ha annunciato un +6,8 miliardi di investimenti nel settore per il 2020. «Solo per il personale assunto durante l’emergenza (1307 tra medici, infermieri e Oss, ndr) spenderemo 35 milioni l’anno, cui si aggiungono gli altri 100 investiti in macchinari e attrezzature varie — riepiloga Zaia —. Se poi arrivano altri finanziamenti da Roma siamo qui ad accoglierli, abbiamo altre postazioni di Terapia intensiva pronte per essere installate, in previsione di una riacutizzazione del virus in autunno».
Intanto, dopo la distribuzione di quelle prodotte da Grafica Veneta, la Regione si prepara a consegnare alla popolazione altri 3 milioni di mascherine inviate dal commissario per l’emergenza Domenico Arcuri. Ogni famiglia ne riceverà un pacco da 50 pezzi.
Novità infine sulla riprogrammazione di 1,8 milioni di prestazioni specialistiche saltate tra marzo e aprile per la sospensione dell’attività programmata. «La situazione sta rientrando — annuncia Manuela Lanzarin, assessore alla Sanità — dopo i primi giorni di code ai Cup e ai centri prelievi, ora quasi tutte le visite sono state riassegnate dai medici di base. Stanno riaprendo Pronto Soccorso, ambulatori e reparti finora chiusi per l’emergenza anche nei Covid Hospital, che però restano».