Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Zone rosse, il premier: «Soldi anche al Veneto»
Regionali e amministrative, ipotesi 20 settembre Zaia: «Democrazia sospesa, l’ho detto a Mattarella» Variati renderà noto il parere del Comitato scientifico
Il governo ingrana la marcia indietro, annunciando la riscrittura del decreto relativo agli aiuti ai Comuni delle «zone rosse». Dopo le proteste del governatore Zaia e dei sindaci, il premier Conte ha annunciato che al fondo, che a questo punto dovrà essere implementato rispetto ai 200 milioni iniziali, potranno quindi accedere anche i municipi delle provincie di Venezia, Padova e Treviso.
VENEZIA Dopo le proteste dei sindaci e del presidente della Regione Luca Zaia (ma critiche si erano levate da tutta Italia) il governo ingrana la marcia indietro, annunciando la riscrittura del decreto relativo agli aiuti ai Comuni delle «zone rosse». Al fondo, che a questo punto dovrà essere implementato rispetto ai 200 milioni inizialmente previsti, potranno quindi accedere anche i municipi delle provincie di Venezia, Padova e Treviso, con gran soddisfazione della Lega, che rivendica il merito del risultato, ed un certo disorientamento del Pd, che nel pomeriggio era intervenuto per difendere la ragionevolezza della scelta dell’esecutivo di concentrarsi prioritariamente sulle provincie di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza.
È stato lo stesso premier Giuseppe Conte ad assicurare che nelle prossime ore sarà presentato il fatidico emendamento, per una questione di «equità». E lo conferma il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà: «L’intervento del presidente Conte ha fugato ogni possibile dubbio, a dimostrazione che il governo e il parlamento ci sono, che c’è la massima attenzione per tutti i territori e che c’è da parte di tutti la volontà di risolvere i problemi. Meglio se attraverso il dialogo e la collaborazione».
Il Veneto, in realtà, si stava preparando alla guerra, tanto che la Regione aveva già messo tutte le carte nelle mani del professore del Bo Mario Bertolissi e ieri mattina Zaia avvisava tutti: «Mi pare che il go«non
La Lega Siamo soddisfatti, il Veneto merita rispetto Ora vigileremo affinché Conte mantenga la parola
verno non abbia molte scelte davanti a sé: o modifica il decreto oppure se lo fa stracciare dal tribunale a cui noi ricorreremo di sicuro». Veniva infatti considerato quanto meno «irrituale» il comunicato «errata corrige» che aveva inserito il nuovo testo del decreto in Gazzetta, dopo la bollinatura di rito, facendo sparire le tre zone rosse di Padova, Treviso e Venezia istituite l’8 marzo in coda a quelle della Lombardia e dell’Emilia Romagna. «Il decreto dice che per accedere agli aiuti un Comune deve essere stato “zona rossa” almeno per 30 giorni; le nostre zone rosse sono state revocate il 13 aprile» ha spiegato Zaia, che ora, davanti all’annuncio del premier, commenta cauto: «Conte mantenga la parola, aspetto di vedere la legge».
Soddisfatti i leghisti Salvini e Fontana («Ora vigileremo affinché il governo mantenga subito fede agli impegni presi. Il Veneto pretende rispetto») mentre il centrosinistra appare confuso. Nel pomeriggio il «Veneto che vogliamo», la rete civica che sostiene la candidatura di Arturo Lorenzoni, si diceva al fianco dei sottosegretari veneti impegnati nella correzione del decreto, sottolineando «l’ironia della sorte, per cui chi oggi urla contro l’esclusione dallo stanziamento delle province del Veneto “zona rossa” due mesi fa chiedeva che le stesse province non venissero dichiarate “zona rossa”»; nelle stesse ore, però, il gruppo regionale del Pd - che pure sostiene Lorenzoni - diramava una nota in cui invitava Zaia a fare confusione», sostenendo che sia «innegabile che realtà come Bergamo abbiano subito danni in misura maggiore, con oltre tremila vittime: le immagini con le lunghe colonne di bare le abbiamo viste tutti». C’è da ritenere, comunque, che pure i dem siano contenti ora dell’inclusione dei Comuni veneti tra i destinatari degli aiuti.
Per un fronte che si chiude ce n’è però un altro che resta apertissimo ed è quello delle elezioni. La maggioranza, col sottosegretario all’Interno Achille Variati, ha presentato giovedì in commissione Affari costituzionali alla Camera un emendamento al decreto Elezioni che fissa la finestra per celebrare le Regionali e le Comunali tra il 6 settembre e l’11 ottobre. L’ipotesi iniziale era l’election day il 13 settembre, ma ora si parla più insistentemente del 20 settembre con il secondo turno delle Comunali il 4 ottobre. Martedì prossimo la Commissione voterà gli emendamenti, tra cui quello della Lega per il voto a luglio, e Zaia non molla la presa: «Ne ho parlato a più riprese anche con il Presidente Mattarella. Ci troviamo di fronte ad una sospensione della democrazia e se le date saranno confermate, saremo costretti a fare la campagna elettorale e la raccolta delle firme per le liste a Ferragosto». Il governatore aveva chiesto di poter leggere il parere del Comitato tecnico scientifico che impedirebbe il voto in estate, Variati si è impegnato a presentarlo martedì, alla ripresa dei lavori.
Il Pd
La scelta iniziale del governo era comprensibile, le immagini dei morti di Bergamo le abbiamo viste tutti