Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«La Cig resterà molto alta Piano di rilancio per il Veneto»
Dopo il record di aprile, il rischio dell’effetto-domino tra mancati pagamenti e domanda debole
VENEZIA Dopo il record di aprile, il ricorso alla cassa integrazione resterà elevato. E rischia di incrociarsi con un effetto domino di mancati pagamenti tra aziende che si inneschi in estate. E per scongiurare una crisi pesante sul fronte dell’occupazione in autunno serve subito un piano di rilancio per il Veneto, tra investimenti in infrastrutture, sburocratizzazione e creazione di filiere avanzate come sul biomedicale. Ne è convinto il leader di Confindustria Veneto, Enrico Carraro (nella foto).
VENEZIA «Pensare che dopo una crisi sociale, economica e finanziaria senza precedenti tutto riparta come prima sarebbe un errore madornale. Abbiamo di fronte mesi molto, molto complicati». Guarda avanti, dal punto di osservazione del dato mai visto della cassa integrazione di aprile, i 121 milioni di ore autorizzate dall’Inps in regione, Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto. Perché è da lì che ben si coglie lo scenario rischioso che ci attende nei prossimi mesi. Di un mercato che, dopo il crollo della chiusura totale, riparta su livelli di domanda ben più bassi e recuperi molto lentamente. Incrociandosi con un effettodomino di mancati pagamenti capace di far saltare le aziende, che s’inneschi tra giugno e luglio, quando sul ciclo degli impegni si faranno sentire i mancati incassi di aprile. Unendosi in una spirale negativa che si scaricherebbe in autunno sull’occupazione, con licenziamenti e altra cassa integrazione.
C’è questa preoccupazione, oltre il dato-monstre della cassa integrazione di aprile, con i 99 milioni di cassa ordinaria, i 10 dei fondi di solidarietà e gli 11 della cassa in deroga, pagata solo a un terzo della platea dei centomila beneficiari. Un dato che equivale al doppio di ore bruciate, tra ordinaria e straordinaria, in tutto il 2009, primo anno della crisi nera Post-Lehman. E se il dato in sé non sarà ripetibile, rischia però di non rimanere isolato. Lo sanno bene i protagonisti della scena economica veneta. «La cifra di aprile è abnorme, certo - riprende Carraro -. Ma non tutto si risolve con la ripartenza. Abbiamo di fronte il rischio di una crisi profonda. Oggi l’emergenza si è spostata sul piano economico; e va seguita giorno per giorno». Con i rischi di un effetto-domino su imprese e occupazione? «Sì replica Carraro -. Lo dico perché dobbiamo esser pronti».
La riflessione si sposta sulle scelte da fare: «C’è un ovvio primo tema di rifinanziamento della cassa integrazione. Ma si tratta di andare oltre a misure che fin qui hanno tamponato l’emergenza. La Regione prevede un crollo degli investimenti del 13% e chissà se un anno basterà per recuperare il terreno perduto. Serve subito un piano di rilancio per la regione. Con investimenti infrastrutturali sull’alta velocità, la bretella ferroviaria aeroportuale, l’autostrada Venezia-Orte, il 5G. Ma anche sulle filiere innovative, ad esempio costruendone una sul biomedicale alle spalle di una sanità d’eccellenza. E poi abbattimento burocratico e incentivi agli investimenti sul 4.0, per creare il clima favorevole a far rientrare attività. Ci dobbiamo lavorare molto, tutto il sistema va ripensato. La locomotiva del Nordest deve diventare un treno ad alta velocità».
«Abbiamo quattro mesi per salvarci - sostiene per parte sua il segretario regionale della Cgil, Christian Ferrari -.Si prospetta uno scenario di difficoltà enorme. Dobbiamo fare di tutto per confermare i provvedimenti di resistenza fin qui presi, a iniziare dagli ammortizzatori, di fronte ad una caduta drammatica della domanda di beni e servizi; e nel frattempo pensare alla fase tre. Preoccupa il quadro su leve come turismo ed export: impone di ripensare su basi diverse anche il modello veneto, se a disposizione subito restano gli investimenti pubblici e il mercato interno». Con un altro strumento da usare in Veneto, secondo Ferrari: «I cento milioni di fondi strutturali europei che si possono ora riprogrammare in maniera molto libera. Da impegnare intorno all’obiettivo strategico dell’innovazione».
La sensazione dei rischi da evitare si coglie anche sul campo. «Sì, c’è il pericolo di un effetto-domino dietro l’angolo», spiega ad esempio Federico Visentin, presidente del gruppo vicentino della componentistica Mevis-Euromeccanica, 800 dipendenti per 135 milioni di ricavi, e presidente della business School Cuoa. Il suo è un ragionamento che parte dai fatti: «Il settore auto in Europa s’immagina un 2020 che chiude in flessione del 30%; resta almeno il dato positivo che i progetti futuri non si sono bloccati. Ma è ridimensionata tutta la domanda di beni durevoli, con acquisti di sostituzione. In azienda abbiamo appena detto chiaro alla nostra gente che l’obiettivo è tenere tutti a bordo, facendo leva sui nuovi progetti e l’ampliamento dei settori indotto dall’integrazione con Euromeccanica. Ma fuori è chiaro che il ricorso alla cassa integrazione, pur se non come ad aprile, rimarrà alto. Incrociato ai rischi di una stretta sui pagamenti tra le aziende. Sarà una situazione con cui convivere a lungo. E in cui sarà fondamentale ricostruire la fiducia. La politica deve passare dai provvedimenti-tampone presi fin qui a soluzioni per rilanciare la domanda, che non si vedono. È il momento di scelte dirompenti».
Carraro Avremo mesi difficili Subito le infrastrutture
Ferrari Quattro mesi per salvarci Usiamo i fondi Ue
Visentin Rilanciare la domanda oltre le soluzionitampone