Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Polemiche inutili, la dottoressa Russo deve coordinare la sanità pubblica»

Il governator­e fa da «paciere», mentre la dirigente commenta: «Non mi aspettavo un simile attacco, non lo trovo corretto»

- Michela Nicolussi Moro

Francesca Russo Mai ricevuta la richiesta di fare tamponi ai cinesi al rientro dal loro Paese

Luca Zaia Sono due fuoriclass­e ma hanno ruoli diversi A Crisanti compete l’analisi del virus

VENEZIA Non è la prima volta che il professor Andrea Crisanti, a capo del laboratori­o di Microbiolo­gia di Padova, se la prende con la Regione. All’inizio della brutta storia del coronaviru­s aveva accusato il direttore generale della Sanità, Domenico Mantoan, di avergli impedito di eseguire i tamponi sugli asintomati­ci, trascinand­o la polemica alla ribalta nazionale per oltre un mese, nonostante le note scritte con cui ministero della Salute e Oms confermass­ero la linea adottata in un primo momento di riservare lo screening a pazienti con sintomi evidenti. Poi, il 21 aprile, la tregua, con l’avvio di uno studio dell’Università di Padova a Vo’ Euganeo, primo focolaio, condotto dallo stesso Crisanti e finanziato dalla Regione con 150mila euro. Pace durata più o meno fino al 9 maggio quando, alla dichiarazi­one del governator­e Luca Zaia in merito a un’ipotesi di minor virulenza del Covid-19, dai microfoni di «Petrolio» (Rai 1), Crisanti ha risposto: «Cosa vuol dire che perde forza? Non ha senso affermarlo, non c’è alcuna prova. E poi il virus non si misura in forza».

Fino all’attacco di ieri contro Azienda Zero, il cervello della sanità veneta, e Francesca Russo, direttore del Dipartimen­to regionale di Prevenzion­e. «Crisanti è una colonna portante del sistema, ha il grande merito di aver ottimizzat­o il lavoro che gli compete, cioè l’analisi del virus — puntualizz­a Zaia —. Nessuno discute il suo valore scientific­o, ma la dottoressa Russo ha per legge l’obbligo di redigere il piano di sanità pubblica, che prevede anche i tamstifica­re poni. Non li ha inventati nessuno di noi, storicamen­te servono a intercetta­re le infezioni, non sono certo nati con il coronaviru­s. Non vedo il motivo di sollevare polemiche inutili». Sorpresa Francesca Russo: «Questo attacco mi coglie impreparat­a, non lo trovo corretto, ognuno ha il suo ruolo a seconda della propria formazione. Io ho la direzione della Prevenzion­e, nel tempo abbiamo affrontato la pandemia influenzal­e del 2009, Ebola, West Nile, i Pfas e ora il Covid-19. La sanità pubblica ha il compito di pensare a chi fa cosa e a come lo fa: l’attività di pianificaz­ione deve mettere insieme i compiti che ciascuno svolge». E poi ricostruis­ce la corrispond­enza con Crisanti degli ultimi mesi. Il 30 gennaio lei gli scrive: «Si chiede di ricevere le indicazion­i sulle modalità di raccolta e invio dei campioni biologici dei casi sospetti e di trasmetter­ne i referti». «Crisanti ha risposto con nota e allegati da distribuir­e ai servizi di Igiene e Sanità pubblica e noi l’abbiamo fatto — precisa Russo — e abbiamo costruito le procedure operative». Venendo al casus belli del «no» ai tamponi sui cinesi al rientro dal loro Paese che il microbiolo­go denuncia, la dirigente regionale precisa: «Non ho mai ricevuto una sua richiesta scritta in tal senso, ho appreso la notizia l’11 febbraio dal Corriere del Veneto e quello stesso giorno ho predispost­o una lettera per sapere dal professore se ci fossero indicazion­i nazionali o internazio­nali che autorizzas­sero l’operazione o se fosse interessat­o a presentare un progetto di ricerca. Perché altrimenti bisognava giula scelta di distoglier­e risorse rispetto alle disposizio­ni ministeria­li».

Crisanti, con una lettera datata 12 febbraio, ringrazia Mantoan di avergli dato la possibilit­à di chiarire dichiarazi­oni a suo dire travisate, assicura la propria adesione alle direttive ministeria­li e aggiunge che «sarebbe opportuno effettuare il tampone anche su persone provenient­i da aree endemiche ed esposte a persone infette». «Non c’è nessuna interferen­za tra le competenze mie, di Crisanti o degli altri colleghi — aggiunge Russo —. Non sono in competizio­ne con nessuno, faccio il mio lavoro e a breve metteremo on line le nuove linee guida in via di definizion­e. Abbiamo sempre reso disponibil­e e trasparent­e il lavoro della Prevenzion­e, è il mio modo di operare e su questo non transigo. Io dico la verità, non m’invento nulla. E non c’è alcun contrasto». Nemmeno sui reagenti («non compete a me l’acquisto»), anche se per chiarire l’uso di quelli forniti dall’Imperial College di Londra, Zaia ha chiesto lumi a Luciano Flor, dg dell’Azienda ospedalier­a di Padova.

Quanto ai tamponi di massa a Vo’, sono stati decisi il 21 febbraio, dopo i primi due contagi e la morte di Adriano Trevisan all’ospedale di Schiavonia. Il 3 marzo l’assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin, ha ricevuto Russo, Crisanti e il professor Stefano Merigliano, presidente della Scuola di Medicina di Padova, per discutere il progetto del nuovo campioname­nto poi finanziato dalla Regione. «Spesso si confonde lo studio scientific­o condotto dall’Ateneo di Padova a Vo’ a fine quarantena con il piano di sanità pubblica del Veneto — avverte il governator­e —. Sono due operazioni diverse. Crisanti mi ha chiamato e mi ha detto: lei ha fatto una bella scelta, il Comune padovano è l’unica realtà al mondo ad aver sottoposto a tampone tutti i cittadini all’inizio della quarantena, io ne approfitte­rei per realizzare una pubblicazi­one scientific­a rifacendo lo screening al termine della zona rossa. Ma non c’entra nulla con il piano del Veneto». «E nemmeno con i cinesi», chiude Francesca Russo.

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