Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Camillo Rudio, «Forrest Gump» viveva a Belluno
La curiosa vicenda di Camillo Rudio, «comparsa» nei grandi eventi dell’800
Giusto all’alba di un giorno primaverile di 150 anni fa, lo squadrone «G» del mitico «Settimo Cavalleria», accompagnato dal suono di una trombetta stonata, si muoveva da Fort Hays per portarsi sulle Salomon Forks, in Kansas, dove gruppi di guerrieri Kiowa, Comanche e Cheyenne continuavano a razziare bestiame agli sparsi insediamenti bianchi. Alla testa del reparto, un quarantottenne ufficiale dallo sguardo fiero, sul cui viso spiccava un appuntito pizzetto sale e pepe. Lo chiamano tutti The Count perché in lui scorre sangue blu. E italiano. Si tratta infatti del conte Carlo Camillo di Rudio, un rampollo di una nobile famiglia bellunese, la cui vita è talmente al di là di ogni immaginazione che il suo maggior biografo, Cesare Marino, non ha esitato a definirlo il «Forrest Gump dell’800» (dal film di Robert Zemeckis del 1994 in cui il protagonista, interpretato da Tom Hanks, diventa inconsapevole testimone di fatti importanti della recente storia americana).
Carlo Camillo nasce il 26 agosto 1832 a Belluno dal matrimonio del conte Ercole Placido di Rudio con la contessa Elisabetta de Domini. Si conquista ben presto il soprannome di Moretto, un po’ per la carnagione scura e i capelli corvini, un po’ per il carattere impaziente ed impulsivo. Appena tredicenne Carletto è ammesso al Collegio militare di San Luca a Milano dove sono accolti i migliori cadetti del Lombardo-Veneto. Nel marzo 1848, quando Milano si ribella agli austriaci, il collegio è assaltato e Carlo si accoda all’esercito del maresciallo Radetsky in ripiegamento. Uscendo dal centro assiste ad un crimine che segnerà per sempre la sua vita: alcuni soldati croati uccidono a colpi di baionetta una ragazza incinta ed il suo figlioletto. Disgustato, diserta e si dirige a Venezia, l’unica città che ancora resiste al contrattacco imperiale.
Combatte con impressionante motivazione tra i Cacciatori delle Alpi di Pietro Fortunato Calvi. Inutilmente. Alla resa dei ribelli, lui, arrestato, fugge dalla galera e se ne va a Roma con i garibaldini per difendere la neonata repubblica romana.
Conclusasi tragicamente anche quest’avventura, con altri patrioti si imbarca per l’America ma un fortunale lo costringe a riparare sulle coste spagnole.
Di lì a poco lo troviamo a Marsiglia, in Francia, a bazzicare nel locale circolo mazziniano, poi in Svizzera ed infine a Londra, dove sposa Eliza Booth (dalla quale avrà tre figlie, Italia, Roma e America) e dove, a stretto contatto con Mazzini, inizia a lavorare per un piano ancora più ardito: l’attentato a Napoleone III, l’imperatore dei francesi. Il 14 gennaio 1858, a Parigi, Rudio e altri tre cospiratori, tra cui Felice Orsini, suo amico dai tempi dell’insurrezione veneziana, lanciano tre bombe contro la carrozza del monarca. Il mezzo è blindato e l’operazione fallisce anche se sul selciato restano 12 morti e 156 feriti. Il gruppetto viene arrestato: Orsini è condannato a morte, Rudio alla Cayenna, il famigerato penitenziario della Guyana Francese dove i prigionieri sono decimati da tifo, malnutrizione, suicidi ed esecuzioni sommarie. Anche qui dimostra tutto il suo carattere. Ad un galeotto francese che si rifiuta di versargli un po’ di minestra in più («Tais toi, Italien de m...!»), gli sottrae l’intero pentolone sferrandogli un calcio al basso ventre: «Ci vogliono nove Francesi per far digiunare un Italiano, ma un Italiano per far digiunare nove Francesi!», esclama.
Si guadagna così la stima di tutti i detenuti che diventa sconfinata quando, coltello alla mano, fugge dall’isola sottraendo una barca a un gruppo di pescatori. Approda nella Guyana Britannica, ritorna a Londra e riparte per l’America con la famiglia, arruolandosi, come abbiamo visto, nel 7° Cavalleria del tenente colonnello George Armstrong Custer. Gli sarà al fianco nella Guerra di Secessione e sarà uno dei pochi a salvare lo scalpo nella mitica battaglia di Little Bighorn contro gli indiani di Toro Seduto e Cavallo Pazzo. Ricordava: «Il mio cavallo fu colpito da un proiettile e, imbizzarrito, si precipitò verso gli indiani
Riesce persino a fuggire dalla Cayenna rubando una barca. È sepolto a Los Angeles
lasciandomi appiedato in compagnia di 300 Sioux. Mi nascosi nella boscaglia e fuggii nel fumo di un incendio appiccato dai pellerossa».
Muore a Los Angeles nel 1910. Veramente una vita «di corsa», da Forrest Gump, quella di Carlo Camillo di Rudio. Una vita in cui, però, diversamente dal film, pare sia la scelta ad avere prevalso sul caso.