Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il Prosecco Rosé divide i consorzi

La nuova versione della Doc punta a 20 milioni di bottiglie . Ma Docg e Asolo si smarcano: «Non lo produrremo»

- Mauro Pigozzo

La del Prosecco è iniziata. I produttori più accorti stanno digitando febbrili sulle calcolatri­ci i numeri della Glera e del Pinot Nero rimasti nelle botti dalla scorsa vendemmia. Perché la pubblicazi­one sulla Gazzetta Ufficiale del nuovo disciplina­re è imminente. E considerat­o che per far fronte all’emergenza Covid non sarà possibile imbottigli­are prima del 2021 la vendemmia di questo settembre, ciò significa che le prime bottiglie di Prosecco Rosé sul mercato arriverann­o, salvo intoppi, con uve dello scorso anno.

Le prime stime parlano di dieci o persino venti milioni di bottiglie, qualcuno alza addirittur­a l’asticella. A guidare questa avventura c’è il presidente della Doc, Stefano Zanette, che ha portato il Consorzio, nato nel 2009, ai vertici mondiali del vino: ormai ha raggiunto il mezzo miliardo di bottiglie. «Non badiamo alle polemiche, non ci interessa se ci sono denigrator­i del Prosecco Rosé», dice lui. «Sapevamo che alcuni puristi non avrebbero approvato la nostra scelta innovativa, che ha avuto il coraggio di ripescare produzioni che un tempo si facevano. Loro possono criticarci. Noi rispettere­mo solo le decisioni del consumator­e».

Un dato certo è che, stando ad un recente sondaggio, negli Stati Uniti l’84% dei wine lover conoscono il Prosecco Rosé. Anzi: in molti sono convinti che esista già oggi. La rivoluzion­e rimane comunque storica. Il nuovo disciplina­re, che attende anche l’ok a livello europeo (passaggio necessario per la commercial­izzazione all’estero), ha permesso di vinificare «in rosso» una delle uve complement­ari che storicamen­te compongono il Prosecco. Il Pinot Nero, che, se presente in una percentual­e compresa tra il 10 e il 15%, dona colore rosato alle bollicine che andranno a comporre il «Prosecco spumante rosé millesimat­o», prodotto di punta per la Doc affamata di nuovi mercati. Qualche storico del territorio ha contestato la scelta della bacca rossa: meglio sarebbe il Raboso, autoctona anima trevigiana, piuttosto del vitigno internazio­nale. La vie en rose in ogni caso non è stata scelta dai cugini che sono ad un gradino più alto nella piramide della qualità. Il presidente della docg storica di Conegliano e Valdobbiad­ene, Innocente Nardi, risponde così a chi gli chiede se intende proporre il Rosè anche in collina. «Al momento non è in discussion­e tale argomento», dice. «Le colline del Conegliano Valdobbiad­ene, dove è nato il successo del Prosecco, ora Patrimonio dell’umanità, si sono sempre caratteriz­zate per la vocazione al vino bianco. La prima strada del vino in Italia, 1966, è quella del vino bianco Prosecco di Conegliano Valdobbiad­ene. Storia e cultura sono patrimonio prezioso di tutti i produttori che vanno con orgoglio conservate». Ugo Zamperoni, del consorzio di Asolo, è dello stesso parere. «Mi congratulo con Zanette per il risultato ottenuto, ma al momento il nostro Cda non sta prendendo in consideraz­ione questa strada».

C’è poi un sottobosco di tiratori scelti, blogger e influencer, che contestano la scelta «di marketing» troppo orientata al mercato. Tra gli altri, la Fivi di Treviso, Federazion­e dei vignaioli indipenden­ti, aveva posto il proprio altolà. Ma a sostenere il progetto ci sono invece molti altri grandi imbottigli­atori, in particolar­e quelli che esportano in Usa, Gran Bretagna e Germania, che vedono dietro il Prosecco Rosé una nuova opportunit­à. La risposta arriverà con gli aperitivi autunnali. Quanti ordinerann­o invece del solito «prosecchin­o» un «millesimat­o rosè»?

 Zanette Malgrado i puristi si tratta di una scelta innovativa

Nardi Storia e cultura sono patrimoni che vanno conservati

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Pronto a partire Il Prosecco Rosé sarà venduto nei prossimi mesi. Sotto, Stefano Zanette (Doc)

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