Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Medicina, l’Usl tira dritto «Si farà»

E Zaia attacca: «Se il governo non risolve subito, andremo in Corte costituzio­nale»

- Di Silvia Madiotto

L’impugnazio­ne della legge che istituisce il corso di laurea in Medicina a Treviso non ferma i piani dell’Usl. Benazzi resta convinto: «Si farà».

TREVISO Non vuole nemmeno pensare di parlarne al passato: «I lavori di adeguament­o per allestire gli spazi destinati al corso di Medicina dell’Università di Padova non si sono mai fermati e non si fermano» assicura il dg dell’Usl 2 Francesco Benazzi.

«Anche nell’ottica dell’insegnamen­to dell’era Covid la sede di Treviso è essenziale, abbiamo spazi idonei e distanziat­i grazie alla disponibil­ità dell’ordine dei medici, avremo aule per fare cose importanti, stiamo ristruttur­ando i laboratori. Non riesco a concepire che questo progetto di enorme valore possa essere fermato, mi auguro che il Ministero possa avvalorarl­o in tempi brevi».

Venerdì lo stop pronunciat­o dal Consiglio dei ministri è arrivato sulla Marca come una doccia fredda: la legge regionale che istituiva al Ca’ Foncello un corso distaccato del Bo non va bene, è stata impugnata. Il governator­e Luca Zaia da tre giorni ripete che è pronto a tirare fuori l’artiglieri­a pesante (legale) ma si dice fiducioso per l’esito del dialogo col Governo: «Non ci sarà alcun arresto delle iscrizioni e delle attività. Fino al 16 giugno si può trovare una soluzione. Chi ha responsabi­lità politica a livello regionale e a livello nazionale, è chiamato a riparare i danni che fanno i burocrati. Abbiamo dato delle risposte, le consideria­mo esaustive. Diversamen­te, si andrà in Corte Costituzio­nale».

Il braccio di ferro è a tre, Venezia, Padova e Roma, e Treviso si trova nel mezzo: il corso annunciato solo pochi mesi fa e considerat­o un traguardo storico doveva formare, nelle intenzioni dei promotori e del dg Benazzi, i medici del futuro, per poterli magari inserire in organico proprio a Treviso, seguendoli dal primo anno alla specializz­azione.

«Da direttore generale ma ancora prima da cittadino ringrazio il presidente Zaia, il rettore Rizzuto e il professor Merigliano, io considero ancora certo il corso a Treviso – aggiunge Benazzi -. E lo dico soprattutt­o da cittadino, fra poco anziano, perché il Veneto ha bisogno di medici. Oggi ne mancano 1.300. Aprire un corso per sessanta, ottanta matricole da aggiungere alle 400 di Padova è un valore aggiunto per tutto il territorio».

Anche il sindaco di Treviso Mario Conte si dice ottimista ma di mezzo c’è il Governo che dice no.

Benazzi allora riflette sugli ultimi tre mesi di Treviso e del Paese: «La pandemia Covid19 ha fatto capire a tutti l’importanza della scienza, della medicina e della sanità. Credo che anche nei giovani questa passione si sia risvegliat­a, hanno un forte senso di appartenen­za, c’è voglia di tornare a fare i medici, le domande sono molte. Il problema è che oggi i numeri sono risicati». Oltretutto il rapporto fra Padova e Treviso non è storia di oggi, è iniziato trent’anni fa con Stellini: «Oggi abbiamo quattro primari che sono anche docenti all’università, Agostini, Zanus, Da Mosto e De Filippis. Abbiamo formato molti giovani, ci sono già il quarto, quinto e sesto anno, portare il corso intero è la ciliegina sulla torta, il piano va completato. I futuri medici possono studiare in una città piccola e con molti servizi, in un ospedale che può farli crescere, avendo a disposizio­ne mille posti letto ed esperti di altissimo livello per gruppi ridotti di allievi».

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