Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Pronte le misure disciplinari: il direttore sanitario rischia il posto e i medici la sospensione
Il commissario Cobello: «Contesterò gli inadempimenti emersi»
VERONA Mantiene la calma Francesco Cobello, commissario dell’Azienda ospedalierouniversitaria di Verona. Ne ha viste e risolte di grane nella sua trentennale esperienza di manager, prima per i Comuni di Venezia e Treviso, poi per la Provincia di Treviso quando Luca Zaia era presidente, quindi nelle Regioni Veneto e Friuli e infine, dal primo gennaio 2015, alla guida dell’ospedale di Verona. Fino al 31 dicembre 2019 in veste di direttore generale e dal 16 gennaio scorso come commissario. Un cambio di qualifica, ma non di mansioni, dovuto al fatto che nel frattempo l’assessore regionale alle Infrastrutture, Elisa De Berti, l’ha nominato pure collaudatore del nuovo ospedale di Treviso e il contratto da dg vuole invece l’esclusiva. Insomma, è un dirigente «navigato», però il caso Citrobacter gli è scoppiato in mano. Poco da fare.
Nel giro di 48 ore ha ricevuto due lettere dal direttore generale della Sanità regionale, Domenico Mantoan, che il primo settembre gli ha rivolto «il pressante invito a effettuare tutte le verifiche necessarie a individuare eventuali responsabilità dei collaboratori e ad assumere tutti i provvedimenti urgenti consentiti, anche in via cautelare», e il 2 l’ha incalzato «a formulare i rilievi ritenuti necessari a consentire alla scrivente Direzione di area a entrare in possesso di tutti gli elementi utili a ogni conseguente azione». In questa seconda lettera, Mantoan sottolinea: «Dato il rilievo e l’urgenza si chiede che tali controdeduzioni siano inviate possibilmente nel termine di due giorni». Un pressing dovuto anche alle osservazioni della commissione regionale per due mesi impegnata a fare luce sul batterio killer che dal 2015 allo scorso luglio ha colpito cento piccoli ricoverati nella Terapia intensiva neonatale di Verona, uccidendone quattro e lasciandone nove cerebrolesi. Gli ispettori hanno lamentato il ritardo con cui Cobello e il direttore sanitario, Chiara Bovo, avrebbero consegnato la documentazione richiesta.
«La Regione mi ha chiesto controdeduzioni scritte alla relazione della commissione (che accusa la dirigenza dell’ospedale di aver sottostimato il problema e di non averne mai fatto menzione ai vertici di Palazzo Balbi, ndr) e io le produrrò entro oggi — annuncia Cobello — nel rispetto dei due giorni di tempo a me concessi. Saranno arricchite da integrazioni e chiarimenti e contestualmente verrà attivata la commissione disciplinare interna all’Azienda, con la quale vedremo se adottare provvedimenti nei confronti dei dipendenti coinvolti. L’ultima parola spetta a me — chiarisce Cobello — ma prima del licenziamento ricordo che esistono misure intermedie, cioè richiamo, censura e sospensione dal servizio. Sentirò i diretti interessati (primi fra tutti il direttore sanitario Chiara Bovo, il direttore del reparto di Ostetricia e Ginecologia, professor Massimo Franchi, il primario della Terapia intensiva neonatale, Paolo Biban, ndr), chiederò conto degli inadempimenti rilevati dalla commissione e muoverò eventuali contestazioni. Tutto ciò nella massima trasparenza».
Chi rischia di saltare per prima è Chiara Bovo, il direttore sanitario che, come evidenzia Mantoan nella lettera del primo settembre, non è una dipendente dell’azienda sanitaria ma la destinataria di nomina fiduciaria del commissario. Il quale, «previa contestazione disciplinare e nel rispetto del contraddittorio, può risolvere il contratto per inadempimento». Oppure può optare per la «sospensione cautelare» dal servizio fino all’esaurimento del procedimento disciplinare. Seconda misura suggerita pure per «dirigenti e personale legati da un rapporto di dipendenza con l’Azienda». Insomma, il governatore Luca Zaia non intende lasciare finire a tarallucci e vino una vicenda così delicata. E allora, chiede l’opposizione in Regione, perché non rimuove lui Cobello, visto che l’ha nominato?
Il commissario assicura di aver saputo dell’esistenza del Citrobacter solo il 3 maggio scorso ma se così fosse, scrive la commissione, perché dall’aprile 2017 al 17 luglio 2020 nelle Terapie intensive neonatale e pediatrica sono stati effettuati 3133 tamponi per individuare proprio questo batterio, riscontrato poi in 91 neonati? E perché, se i massimi dirigenti dell’ospedale non ne sapevano nulla, la ricerca del Citrobacter è proseguita dal 16 al 20 gennaio 2020 su attrezzature e superfici dei reparti sotto osservazione, per poi essere fermata il 4 febbraio? «Per l’emergenza Covid-19», la risposta dei medici. Ma la pandemia nel Veneto è scoppiata il 21 febbraio. E in ogni caso, sono le obiezioni mosse, ammesso che Cobello abbia saputo tutto solo il 3 maggio, perché non ha preso provvedimenti nei confronti di microbiologi e primari che avrebbero taciuto e soprattutto perché ha aspettato il 22 giugno, cinque giorni dopo la nomina della commissione, a comunicarlo alla Regione? Non si capisce nemmeno il motivo, se il Citrobacter è stato individuato nel 2015, per il quale non si siano controllati subito i rubinetti, tra l’altro privi di filtri antibatterici fino al 2020. Il controllo l’ha esortato uno dei commissari, il primario della Pediatria vicentina Massimo Bellettato, consentendo di scovare il batterio in quattro rubinetti, nell’acqua del bagnetto e sui biberon di due bimbi.
Ora sulla testa dell’ospedale, e quindi della Regione, pendono le due inchieste penali avviate dalle Procure di Verona e Genova, città in cui morì una delle quattro vittime, Nina, e la richiesta di risarcimento danni già presentata da due famiglie. Il contratto della pubblica amministrazione prevede che i soldi chiesti debbano essere accantonati prima della sentenza. E qui si tratta di milioni di euro.
Le cause Le famiglie di due bimbi deceduti hanno già chiesto i danni. Si parla di milioni