Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tre mesi per smaltire 342mila esami e visite saltati
Piano della Regione per non appesantire le liste d’attesa: ambulatori aperti fino alle 23, anche privati
Sono 342.642 le prestazioni sanitarie da recuperare perché saltate durante il picco dell’emergenza Covid19, che ha obbligato la Regione a sospendere visite ambulatoriali, esami e ricoveri programmati dal primo marzo al 31 maggio scorsi per dedicare operatori e strumentazioni degli ospedali pubblici e accreditati ai pazienti colpiti dal coronavirus. A giugno il totale era più di tre volte tanto, cioè 1,2 milioni, un po’ alla volta assottigliato dalle Usl, che ora devono però smaltire rapidamente questa «coda» finale, anche perché grava sulle liste d’attesa, come precisa la delibera approvata l’8 settembre dalla giunta regionale uscente. Per far fronte alla situazione, Palazzo Balbi ha ricevuto dal ministero della Salute 38.935.696 euro (sui 500 milioni finanziati per tutta Italia), da distribuire tra le 9 Usl, le due Aziende ospedaliere di Padova e Verona
e l’Istituto oncologico veneto e calcolati in base alle esigenze formulate nel «Piano operativo regionale per il recupero delle liste d’attesa». Completo di specifica dei modelli organizzativi prescelti per arrivare al risultato, dei tempi e della destinazione delle risorse.
Il maggior numero di preSociale stazioni, cioè 64.710, sono attribuite all’Usl Marca Trevigiana, che ha ricevuto 5,2 milioni, seguita dall’Usl Dolomiti, con 57.179 e 1,8 milioni di finanziamento, e dall’Usl Serenissima, alle prese con un arretrato di 51.809 visite e un budget di 6 milioni. Le più «virtuose», benché in prima linea nell’emergenza Covid-19, sono l’Azienda ospedaliera di Verona, che ne conta 2.013, e quella di Padova, con 6.173. Per agevolarne la rapida erogazione, il decreto legge del 14 agosto consente alle Regioni di ricorrere all’acquisto di prestazioni aggiuntive da medici (anche in regime libero professionale come integrazione dell’attività istituzionale e soprattutto per le specialità critiche in termini di tempi di attesa), infermieri e operatori sociosanitari dipendenti del Servizio pubblico; di concludere assunzioni a tempo determinato o servirsi di forme di lavoro autonomo, per esempio attraverso la formula della collaborazione coordinata e continuativa; e di incrementare il monte ore dell’assistenza specialistica ambulatoriale convenzionata. Inoltre, si legge sempre nella delibera dell’8 settembre che presenta il piano, «con l’obiettivo di offrire all’utente esterno fasce orarie alternative, Usl, Aziende ospedaliere e cliniche private accreditate assicurano l’apertura degli ambulatori fino alle 23 per almeno tre giorni alla settimana e dalle 8 alle 12 la domenica e nei giorni festivi. Tac e Risonanza magnetica vanno usate minimo 12 ore al giorno per almeno 6 giorni a settimana».
A fine agosto l’area Sanità e aveva chiesto a ogni Usl di indicare il fabbisogno di ore necessarie alla realizzazione del piano, che dovrà essere portato a termine entro il prossimo 31 dicembre, data di scadenza dei direttori generali. E sul quale Azienda Zero condurrà un monitoraggio mensile, per consentire alla Regione di «mettere in atto con urgenza eventuali azioni correttive, ivi compresa la rimodulazione della ripartizione delle risorse».
«Se davvero si vuole raggiungere l’obiettivo la ricetta è assumere, assumere, assumere medici — dice Adriano Benazzato, segretario regionale di Anaao Assomed (ospedalieri) — perché la carenza di 1300 specialisti c’è ancora. Le 3200 assunzioni concluse dalla Regione per l’emergenza Covid riguardano tutte le figure sanitarie e solo poche centinaia di medici. Si potrebbero arruolare i nuovi specializzandi degli ultimi tre anni».
A proposito di virus, ieri si è registrato il valore più alto di contagi degli ultimi due mesi: 222 (totale di 26.449), di cui 75 solo a Padova, tra operatori scolastici e viaggiatori, e 52 a Verona. Treviso conta invece 77 casi nelle Rsa. I decessi in Veneto salgono a 2171 (+2).
Benazzato
L’unico modo per centrare l’obiettivo è assumere ancora medici. La carenza iniziale di 1300 c’è ancora tutta