Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
SECONDA ONDATA E NATALITÀ’
Ormai sembra che la pandemia ci regali una seconda ondata, che porterà costrizioni, limiti, ma anche nuovo stress per il sistema sanitario nonché, inevitabilmente, sofferenze e lutti. Oltre al fatto – è stato stimato – che la ripresa economica in Italia slitterebbe a un lontano, troppo lontano 2022. Sperando anche che – come successe con la «spagnola» di un secolo fa - la seconda ondata non sia peggiore della prima. La seconda ondata sarebbe una maledizione anche per la demografia non solo in termini di mortalità, che si spera ben più contenuta, anche se va sempre tenuto conto che siamo un paese invecchiato e quindi per forza fragile. Ricordiamoci che i due terzi dei decessi sono stati di settantenni e ottantenni, età media 80 anni, in due terzi dei casi con tre o più patologie preesistenti: ecco la grande fragilità che rende facilmente vittime gli anziani, questa numerosa fetta di popolazione che sta divenendo il 30% dell’intera popolazione del paese. E poi ci sono le ricadute – facilmente intuibili – sulle nascite, o forse è meglio dire sulle non-nascite e sui progetti genitoriali che ci stanno dietro, oggi congelati, o ridotti, o posticipati a tempi migliori.
Ma la seconda ondata rovinerebbe anche quella corsa alla longevità che vede l’Italia nelle posizioni migliori. L’Istat ha aggiornato il numero dei decessi nei primi cinque mesi dell’anno: si vede con chiarezza che in gennaio e febbraio, che pure sono mesi influenzali, il numero dei morti è inferiore a quello dei corrispondenti mesi dell’anno prima. La mortalità si impenna in marzo (soprattutto) e aprile, mentre a maggio già rientra nei livelli dell’anno prima. Stessa tendenza nelle quattro regioni del nordest: numero di decessi ai livelli dell’anno prima in gennaio e febbraio, poi il balzo in marzo ed aprile – 9 mila morti in più – per ritornare allo stesso numero del 2019 a maggio. In questo mese insomma si esaurisce quel drammatico e inaspettato eccesso di mortalità del bimestre marzo-aprile per tornare ai livelli medi degli ultimi anni.
Che i decessi non crescano nonostante l’invecchiamento della popolazione – anzi, che talvolta calino, come in gennaio e febbraio - è dovuto a quel miracolo laico chiamato longevità, un miracolo che la pandemia (a parte quelle province lombarde dove ha infierito di più) ha solo minacciato, ma non sembra aver interrotto. D’altronde, come è stato argutamente detto, «invecchiare è ancora il solo metodo che si conosca per vivere a lungo». Oggi viviamo un tempo sospeso in cui si tratta di vedere quanto sarà aggressiva la seconda ondata pandemica: se davvero intristirà la socialità, la demografia e l’economia. Per ora, chi vivrà vedrà. Letteralmente.