Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Graziato don Marino rieducazione e resta prete
Padova, l’ex parroco di Albignasego: «Non è il momento di commentare»
PADOVA Potrà continuare a vestire l’abito talare. Ma prima di tornare in mezzo ai fedeli, dovrà seguire un percorso di «recupero», ripassando bene i vincoli che un sacerdote è tenuto a rispettare.
Questione di settimane. Se non di giorni. E poi finalmente verranno rese note le decisioni assunte dalla Diocesi di Padova a carico di don Marino Ruggero, 55 anni, ex parroco della chiesa di San Lorenzo di Albignasego, periferia sud della città del Santo, costretto a dimettersi a gennaio scorso in seguito al diffondersi di parecchie voci, comprovate da foto e testimonianze ritenute credibili dalla Curia, relative ad alcune sue amicizie troppo intime con una o più donne del paese.
Il processo canonico nei confronti del religioso, accusato di «comportamenti non consoni allo stato clericale, inerenti agli impegni derivanti dall’obbligo di celibato per i preti», si è appena concluso, dopo più di otto mesi di interrogatori che hanno coinvolto non solo don Marino, ma anche numerosi parrocchiani di San Lorenzo e altri abitanti di Albignasego che frequentano altri luoghi di culto. E il responsabile del Tribunale ecclesiastico diocesano, monsignor Tiziano Vanzetto, ha già trasmesso l’intero fascicolo al vescovo, monsignor Claudio Cipolla, e al vicario generale della Chiesa padovana, monsignor Giuliano Zatti. Tanto che, entro il primo novembre prossimo, la Curia dovrebbe appunto rendere pubbliche le misure intraprese nei confronti di don Marino, consentendo così un insediamento meno problematico a don Cesare Contarini, già direttore del settimanale diocesano «La Difesa del Popolo» nonché rettore dell’istituto vescovile Barbarigo di Padova, che proprio il primo novembre assumerà la guida della parrocchia di San Lorenzo di Albignasego, provvisoriamente amministrata in questi mesi da monsignor Giovanni Brusegan. Dagli uffici cittadini di via Dietro Duomo, ovviamente, trapela poco o nulla. Ma sembra appunto che don Marino dovrebbe conservare lo stato clericale, a patto però che intraprenda una sorta di percorso di «rieducazione» e di «riavvicinamento» alla fede e, soprattutto, ai doveri che spettano ai sacerdoti.
E di conseguenza, ancora per un bel po’ di mesi, non gli dovrebbe essere affidata la guida di alcuna comunità, malgrado molti suoi ex parrocchiani sperino di rivederlo al più presto tra loro. «Non posso parlare - taglia corto don Marino al telefono -. La Curia me l’ha vietato. E forse è meglio così. Anche perché qualsiasi mia uscita, in questa fase molto delicata, potrebbe generare ulteriori casini. E direi che non è proprio il momento». Una scrupolosa discrezione, quella del prete, lontana anni luce dalla sfrontatezza dimostrata all’inizio di questa storia. Come quando, reagendo ai primi pettegolezzi, era sbottato: «È dai tempi di Adamo ed Eva che, se si vuole cacciare un sacerdote scomodo, magari perché ha scoperto qualcosa di poco chiaro nell’amministrazione contabile della parrocchia, si mettono in giro maldicenze su soldi o sesso. Ma io ho la coscienza pulita - aveva assicurato don Marino - me ne vado a testa alta e sono certo che, prima o dopo, la verità verrà fuori». Oppure quando, di fronte alla notizia che la Diocesi aveva intenzione di processarlo per i già ricordati «comportamenti non consoni allo stato clericale, inerenti agli impegni derivanti dall’obbligo di celibato per i preti», si era lanciato al contrattacco: «Invece di mettere il sottoscritto in stato d’accusa aveva rincarato il religioso - la Curia dovrebbe occuparsi dei tanti sacerdoti pedofili e di quelli che davvero hanno sia donne che figli. Si tratta di preti molto noti, che guidano grandi parrocchie sia in città che nel resto della provincia di Padova. E sulle vicende che li riguardano, malgrado tutto taccia, sono state depositate numerose denunce alla procura della Repubblica». Insomma, un vero e proprio fiume in piena, che però col tempo pare essere rientrato negli argini.