Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Pieve di Cadore: vittima un 32enne del Gambia, in Italia dal 2016
Boscaiolo muore schiacciato tra due alberi Era stato assunto da appena due settimane
PIEVE DI CADORE (BELLUNO) Dal Gambia al Cadore, con nulla in tasca e in testa un sogno: una vita migliore, per sé e i 4 figli. Sembrava avercela fatta, il 32enne Mustapha Manneh, arrivato in Italia nel 2016 come richiedente asilo e pian piano integratosi perfettamente nella piccola comunità di Pieve di Cadore. Un sogno spezzato invece ieri mattina da un tragico incidente sul lavoro nei boschi della Val Visdende. Dove Manneh stava effettuando dei lavori boschivi per conto della «Doriguzzi Mario», la ditta nella quale aveva trovato lavoro da una quindicina di giorni. In un’area tre anni fa devastata dalla tempesta Vaia e per la quale l’azienda di legnami stava effettuando degli esboschi di materiale schiantato.
L’esatta dinamica dell’incidente si saprà solo dopo la fine dei rilievi da parte dei carabinieri della compagnia di Cortina e dello Spisal. Quel che è certo è che il giovane è rimasto schiacciato tra due tronchi. L’allerta per il Soccorso alpino della Val Comelico è scattato alle 9.40. Sul posto dell’incidente è volato l’elicottero del Suem di Pieve di Cadore, mentre da terra sono arrivati una squadra del Soccorso alpino e del Sagf, i vigili del fuoco e i carabinieri. Soccorsi difficili, considerata la zona impervia: tanto che i pompieri di Santo Stefano di Cadore hanno dovuto percorrere un lungo tratto a piedi. La pianta è stata spostata anche con l’aiuto dei colleghi del boscaiolo, ma purtroppo per lui non c’era già più niente da fare. La salma è stata recuperata con il verricello dall’eliambulanza.
Mustapha era ormai perfettamente integrato in Cadore. La notizia della sua morte ha lasciato sgomente molte persone, in primis gli ex colleghi della Cadore Scs, la cooperativa sociale dove aveva lavorato fino a poche settimane fa. «Siamo rimasti tutti scioccati dalla notizia. - commenta la presidente Alessandra Buzzo – Mustapha aveva lavorato per diverso tempo con noi nel servizio Global Service, e tutti quelli che lo hanno conosciuto lo ricordano come un giovane sveglio e volenteroso». «Non era solo un collega, ma un amico con il quale ho condiviso tanto, e questa tragedia lascia un grande vuoto», lo ricorda Luca Valmassoi, che nel suo ruolo di responsabile dell’assistenza ai richiedenti asilo aveva avuto modo di conoscere il giovane fin dal suo arrivo in Italia. «Era un ragazzo molto curioso e che aveva grandi prospettive per il futuro: si distingueva per l’intraprendenza e la propositività, al suo arrivo era stato avviato agli studi e aveva velocemente conseguito la licenza media. Di lui - dice Valmassoi - non dimenticherò mai il carattere solare e aperto: si era impegnato per integrarsi nella comunità cadorina, tanto che ormai parlava anche un po’ di dialetto. Era un animo gentile: lo ricordo quando andava al mercato a comprare i fiori da mettere sul balcone di casa, o quando lavorava nel piccolo orto che si era fatto in giardino». Un sogno d’indipendenza spezzato