Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tutte le paure e i finti miti sul vaccino «Non inietta il virus e non cambia il Dna»
Il professor Moretti: «Rari i casi di eventi avversi gravi, per tutti i tipi di anti-Covid. Consigliato pure ad allergici e donne incinte»
Tolto il 10% dei no vax puri, restano gli «esitanti», frenati da paure e falsi miti. Come convincerli a proteggersi, così da raggiungere il 90% di popolazione immunizzata? Professor Ugo Moretti, lei è associato di Farmacologia al Dipartimento di Diagnostica e Sanità pubblica dell’Università di Verona e responsabile del Centro di Farmacovigilanza per la Regione Veneto e la Provincia di Bolzano: come agiscono i vaccini anti-Covid?
«Ce ne sono di due tipi, a vettore virale e su piattaforma a Rna messaggero, ma l’obiettivo è comune: costruire una risposta immunitaria contro una proteina specifica del Sars-Cov2, la Spike, che consente al virus di entrare nelle cellule e replicarsi».
Come funzionano i vaccini a mRna ora in uso, cioè Pfizer Biontech e Moderna?
«Iniettano nell’organismo un frammento di Rna, l’acido nucleico che contiene le informazioni utili alle cellule per poter sintetizzare la proteina Spike e quindi produrre gli anticorpi necessari a contrastare il virus. Attenzione: il vaccino non inietta il vero virus, ma solo le informazioni necessarie ad avviare questo procedimento e a rendere così il nostro corpo pronto a rispondere all’eventuale attacco del SarsCov2. O evitando al soggetto interessato di infettarsi o impedendo la malattia grave, quindi il ricovero e la morte».
È vero che l’Rna del virus può alterare il nostro Dna?
«Ma no, l’Rna viene distrutto poco dopo aver assolto al proprio compito e non interferisce in nessun modo con il nostro codice genetico».
Come funzionano i vaccini a vettore virale, come AstraZeneca e Johnson&Johnson?
«Usano l’adenovirus dello scimpanzè, però inattivato e quindi non patogeno per l’uomo perché ne è stato modificato il Dna, come mezzo per portare alle cellule le istruzioni necessarie a costruire la proteina Spike. In quanto estranea, stimola il sistema immunitario a reagire producendo anticorpi che, legandosi alla stessa Spike, impediranno al virus di entrare nelle cellule».
Ai vaccini a vettore virale è legato un maggior rischio di eventi avversi?
«Le controindicazioni sono molto poche per tutti i vaccini anti-Covid, le differenze non sono eclatanti e comunque riguardano più l’efficacia (secondo l’Istituto superiore di Sanità le piattaforme a mRna garantiscono una protezione dell’88% contro l’infezione e del 96-99% contro ricovero e morte, mentre la formulazione a vettore virale si ferma rispettivamente al 60% e all’88%,
ndr). Ci sono poi differenze tra Pfizer Biontech e Moderna sulla quantità di mRna utilizzato, che potrebbe influire sulla durata della protezione anticorpale. Dopodiché è vero che in casi rari AstraZeneca ha causato un raro tipo di trombosi associato a calo delle piastrine e i vaccini a mRna rari casi di miocardite nei più giovani».
Quante segnalazioni di eventi avversi legate a tutti i vaccini anti-Covid avete ricevuto dal Veneto?
«Undicimila, il 20% dei casi nazionali: è la regione che segnala di più. Ma poi le segnalazioni vanno approfondite. Gli effetti collaterali gravi, cioè trombosi, infarto, aritmie cardiache, sono 2 ogni 10mila dosi e devono essere confermati. Oggi non abbiamo elementi per associarli ai vaccini».
L’Ema,l’Agenzia europea del Farmaco, ha ammesso il collegamento tra AstraZeneca e rari casi di trombosi.
«Partendo dal presupposto che non esistono nè vaccini nè farmaci senza alcun profilo di rischio, stabilire la possibilità di effetti collaterali richiede più tempo rispetto all’individuazione dell’efficacia. Bisogna vedere quante persone usano quel prodotto, se sussista una relazione temporale plausibile tra l’evento avverso e l’assunzione e se l’incidenza della patologia riscontrata dopo la somministrazione sia più elevata nei soggetti trattati rispetto alla popolazione generale. Se così è, diventa un problema, ma per arrivare a questo stadio è necessario studiare i dati in arrivo dalla sorveglianza condivisa a livello mondiale e valutare gli accessi al Pronto Soccorso e i ricoveri relativi alla patologia al vaglio».
L’anti-Covid è nato in soli 10 mesi: sono saltate fasi della ricerca, è ancora un farmaco sperimentale?
«Non è stato saltato alcun passaggio e non è più sperimentale da quando è entrato in commercio. Ormai l’hanno assunto miliardi di persone. Il motivo principale della rapidità del processo è la montagna di finanziamenti pubblici ricevuti dalle case farmaceutiche coinvolte, che di solito vanno avanti con molta cautela per non esporsi a rischi e spendere il meno possibile. In questo caso hanno potuto bruciare i tempi. In secondo luogo il vaccino è stato sviluppato nel corso di una pandemia e quindi è risultato più semplice del solito avere a disposizione migliaia di volontari sui quali sperimentarlo e in centri di più Paesi. Infine le agenzie regolatorie, come l’Ema e l’americana Fda, hanno ricevuto dalle aziende produttrici i dati della sperimentazione man mano che la procedeva, senza attendere il dossier conclusivo. E quindi sono stati eliminati i tempi morti».
Il vaccino può scatenare allergia? E chi soffre di altre allergie può assumerlo?
«Alcuni componenti dell’anti-Covid, sia a mRna sia a vettore virale, possono causare allergia, ma ciò non significa che soggetti allergici a tali sostanze o ad altre non possano assumerlo. Basta comunicare eventuali intolleranze al medico, che sceglie il tipo di vaccino più adatto e poi tiene sotto controllo il paziente 6 mesi».
Le donne in gravidanza possono essere immunizzate?
«Sì, è altamente raccomandato. Il Covid-19 nel primo trimestre di gravidanza potrebbe indurre malformazioni al feto e nel prosieguo della gestazione mettere a rischio i polmoni della donna e del bambino. L’unica accortezza valutata per la somministrazione del vaccino è di aspettare la conclusione del primo trimestre, per scongiurare l’eventuale febbre che potrebbe insorgere dopo l’inoculazione».
Perché gli anticorpi durano solo sei mesi?
«In realtà non sappiamo ancora quanto duri la protezione indotta dal vaccino, perché non è legata solo al titolo anticorpale ma anche alla memoria che il nostro sistema immunitario mantiene del virus. Lo vedremo col tempo».
E allora la terza dose?
«Finché non sapremo con certezza quando dura la protezione, è giusto tutelare i soggetti più fragili a prescindere».
È vero che pure i tamponi possono dare problemi?
Moretti
Nessuna fase della ricerca è saltata e non è un farmaco sperimenta -le. L’hanno assunto miliardi di persone Parla il responsabile del Centro regionale di Farmacovigilanza: «La protezione è legata pure alla memoria che il sistema immunitario mantiene del virus, non solo agli anticorpi»
«Secondo un recente studio finlandese la frequenza di complicanze è di 1,24 su 100 mila test eseguiti. Le più frequenti sono le emorragie, anche gravi, collegate pure alla modalità del prelievo».