Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La poliziotta in tv contro il certificato verde «L’abbiamo percepito come discriminatorio»
PADOVA «Noi dobbiamo far rispettare la legge e non abbiamo molte possibilità di uscire da questo compito. Però faccio le mie riflessioni: noi questo green pass lo abbiamo percepito come uno strumento discriminatorio, fondamentalmente». Una presa di posizione forte quella espressa da Caterina Fabbrizzi, vice sovrintendente della Polfer di Treviso, intervenuta domenica sera alla trasmissione Mediaset «Controcorrente», condotta da Veronica Gentili. C’è chi l’ha già paragonata a Nunzia Schilirò, vicequestore che ha pagato con la sospensione dal servizio la sua partecipazione a una manifestazione no vax.
Ma la poliziotta di Treviso, ospite in tv come dirigente provinciale del sindacato Fsp, nega questo paragone con forza e in parte prende le distanze: «Condivido il pacifismo a cui lei si appella, la disobbedienza civile in modo gandhiano, ma non condivido la sua posizione sulla illegittimità del decreto.
C’è una legge dello Stato e dev’essere un giudice a intervenire, non certo un operatore di polizia. E’ molto rischioso saltare questi passaggi». Fabbrizzi non ha mai fatto mistero del suo scetticismo verso i vaccini, anche sulla sua pagina Facebook: la scelta di non immunizzarsi sarebbe però legata a motivazioni sanitarie strettamente personali. «Non me la sono sentita — spiega —. Comunque ho sempre rispettato le norme, il distanziamento sociale, l’uso della mascherina. Non mi sono mai infettata e non ho infettato i colleghi: ho sempre lavorato durante la pandemia, magari ho un’immunità naturale. Ho anche fatto un test sierologico e non ho anticorpi, non sono mai venuta a contatto con il virus». Per molti anni in servizio alla polizia scientifica della questura di Treviso e in procinto di essere trasferita alla polizia aeroportuale di Venezia, la vice sovrintendente della Polfer proseguirà nella sua battaglia contro il green pass sul fronte sindacale. «Ci sono diversi aspetti critici — sostiene — l’applicazione organizzativa non è semplice e si rischiano pesanti ricadute sia per quanto riguarda i costi dei tamponi sia sui colleghi non vaccinati e che non si presentano al lavoro. Questa situazione genera di conseguenza forti tensioni e forti malumori». Sulla bufera che le sue dichiarazioni a «Controcorrente» rischiano di provocare, Caterina Fabbrizzi è stata altrettanto chiara: «Non c’è l’obbligo vaccinale ma se vengo a lavorare bisogna che io mi faccia il tampone, non vengo certamente di straforo, non c’è nessun tipo di favoritismo: se non mi tampono non posso lavorare».