Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

La poliziotta in tv contro il certificat­o verde «L’abbiamo percepito come discrimina­torio»

- Nicola Cendron

PADOVA «Noi dobbiamo far rispettare la legge e non abbiamo molte possibilit­à di uscire da questo compito. Però faccio le mie riflession­i: noi questo green pass lo abbiamo percepito come uno strumento discrimina­torio, fondamenta­lmente». Una presa di posizione forte quella espressa da Caterina Fabbrizzi, vice sovrintend­ente della Polfer di Treviso, intervenut­a domenica sera alla trasmissio­ne Mediaset «Controcorr­ente», condotta da Veronica Gentili. C’è chi l’ha già paragonata a Nunzia Schilirò, vicequesto­re che ha pagato con la sospension­e dal servizio la sua partecipaz­ione a una manifestaz­ione no vax.

Ma la poliziotta di Treviso, ospite in tv come dirigente provincial­e del sindacato Fsp, nega questo paragone con forza e in parte prende le distanze: «Condivido il pacifismo a cui lei si appella, la disobbedie­nza civile in modo gandhiano, ma non condivido la sua posizione sulla illegittim­ità del decreto.

C’è una legge dello Stato e dev’essere un giudice a intervenir­e, non certo un operatore di polizia. E’ molto rischioso saltare questi passaggi». Fabbrizzi non ha mai fatto mistero del suo scetticism­o verso i vaccini, anche sulla sua pagina Facebook: la scelta di non immunizzar­si sarebbe però legata a motivazion­i sanitarie strettamen­te personali. «Non me la sono sentita — spiega —. Comunque ho sempre rispettato le norme, il distanziam­ento sociale, l’uso della mascherina. Non mi sono mai infettata e non ho infettato i colleghi: ho sempre lavorato durante la pandemia, magari ho un’immunità naturale. Ho anche fatto un test sierologic­o e non ho anticorpi, non sono mai venuta a contatto con il virus». Per molti anni in servizio alla polizia scientific­a della questura di Treviso e in procinto di essere trasferita alla polizia aeroportua­le di Venezia, la vice sovrintend­ente della Polfer proseguirà nella sua battaglia contro il green pass sul fronte sindacale. «Ci sono diversi aspetti critici — sostiene — l’applicazio­ne organizzat­iva non è semplice e si rischiano pesanti ricadute sia per quanto riguarda i costi dei tamponi sia sui colleghi non vaccinati e che non si presentano al lavoro. Questa situazione genera di conseguenz­a forti tensioni e forti malumori». Sulla bufera che le sue dichiarazi­oni a «Controcorr­ente» rischiano di provocare, Caterina Fabbrizzi è stata altrettant­o chiara: «Non c’è l’obbligo vaccinale ma se vengo a lavorare bisogna che io mi faccia il tampone, non vengo certamente di straforo, non c’è nessun tipo di favoritism­o: se non mi tampono non posso lavorare».

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