Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
GLI ATENEI UN POSTO DA VIVERE
Nelle università, come in tutti i luoghi della socialità, soprattutto giovanile, la luce che si è accesa in fondo al tunnel della pandemia ha suscitato un nuovo comprensibile ottimismo. Anche nei nostri atenei la tecnologia si è rivelata un alleato prezioso e la dad ha consentito di non interrompere il filo della continuità didattica e neppure degli esami e delle tesi. Molte delle contraddizioni che le lezioni a distanza suscitavano nelle scuole secondarie si sono presentate in misura assai meno grave nelle università grazie alla natura dell’insegnamento impartito e all’età degli studenti. Eppure una serie di indizi stanno facendo emergere un fenomeno piuttosto allarmante. Le lezioni a distanza avevano dei limiti, ma molti hanno scoperto che erano anche estremamente comode. Soprattutto per i pendolari, trovarsi l’università a portata di un click è stata una soluzione assai pratica, che bandiva le trasferte e riduceva la fatica. Uno dei rischi che potrebbero ora profilarsi è di avere università meno frequentate, ipotesi che, se risolverebbe i problemi del sovraffollamento delle lezioni, impoverirebbe però in modo grave l’esperienza universitaria. Ridurre l’università a una pratica telematica, con tutto rispetto per le università online che svolgono una loro funzione, significherebbe straniare gravemente un momento cruciale e indimenticabile della formazione.
Quelli di noi che hanno avuto il privilegio o la fortuna di laurearsi ricordano gli anni trascorsi negli atenei come uno dei periodi più intensi della vita. Perché un percorso universitario non è solo una serie di adempimenti burocratici: ore di lezione, esami, tesi. Sono anche le discussioni appassionate dopo le lezioni, la scoperta di libri e autori insieme ai compagni di corso, il rivelarsi di nuove profondità dell’esistenza condivise in un’esperienza di socializzazione che va oltre la pizzeria, il pub, la discoteca. Si sperimenta un rapporto intellettuale empatico nato da una lettura comune, un professore aggrega un gruppo che si entusiasma per una disciplina, durante un seminario si scambiano testi, punti di vista, idee, ipotesi, magari incertezze, ansie, paure. Si tratta di esperienze emotive, certamente, ma quanto indimenticabili. Del resto, chi può scordarsi della notte prima degli esami?
Forse ancora prima di essere un posto dove apprendere, l’università è un posto da vivere. Certo molti nostri studenti devono svolgere qualche lavoretto, per alcuni ogni ora trascorsa in università deve essere strappata a caro prezzo alle incombenze di vite non facili. Ma sarebbe un peccato rinunciarvi. E sarebbe un ben triste effetto collaterale della pandemia se ci ritrovassimo a confondere l’università, che è una struggente esperienza intellettuale e umana, con una pratica amministrativa per conseguire un certificato. I primi a perderci sarebbero gli studenti.