Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«La Lega resta la Lega Il simbolo siciliano non sarà usato a livello nazionale»
Bitonci: «Il “nemico politico” è fuori, non dentro al partito»
Prima i provvedimenti disciplinari, poi le fibrillazioni interne al centrodestra ma anche al Carroccio in merito alle candidature per le prossime amministrative, poi il caso Roma Capitale. Ora, ad agitare la Lega in Veneto, è il timore che il nuovo simbolo «Prima l’Italia» testato in Sicilia possa cancellare il simbolo storico del partito già sottoposto a una serie di mutazioni. Ne abbiamo parlato con Massimo Bitonci, parlamentare e uomo di riferimento per tutte le questioni finanziarie e di Matteo Salvini. fiscali
Il nuovo simbolo è solo l’ultimo casus belli nella Liga...
«Ho contatti quotidiani con Salvini, ne abbiamo discusso anche un paio di giorni fa. Per quel simbolo si parla di Palermo e Messina. Non c’entra nulla con il Veneto. Anche per le amministrative di Padova presentiamo il simbolo della Lega, anzi, addirittura quello della Liga. L’autonomia delle lighe regionali è intonsa. A livello nazionale la Lega resta sempre la Lega».
Il clima in Veneto però resta incandescente.
«È un momento storico molto delicato per tutti, c’è una crisi economica di cui non c’è ancora la percezione reale. E paghiamo il fio di essere al governo ma è stata una scelta di responsabilità che rivendico. Certo, è molto più semplice fare opposizione. Quindi, sì, soffre la Lega, primo partito in Veneto, e soffrono anche gli altri. La pandemia ha sottratto spazi di dialogo a tutti. Ora con la ripartenza dei congressi di sezione e, dopo l’estate, di quelli provinciali per poi arrivare a quello regionale, questo spazio si è riaperto. È già iniziato un processo di rinnovamento interno, questo per rispondere a chi chiede i congressi».
Le due anime della Liga continuano a far scintille però...
«Voglio essere chiaro: comprendo la tensione generale e il bisogno di discussione interna ma l’antagonista politico è fuori dalla Lega, non dentro. Auspico che si guardi all’opposizione che sta fuori dal partito. E la dialettica è costruttiva se fatta all’interno del movimento. Siamo un grande partito con migliaia di militanti ed è normale esistano varie anime che devono avere la loro dignità all’interno della normale discussione nelle sezioni e a livello provinciale. Quanto alla governance, la Lega ce l’ha già: i soci fondatori che equivalgono a un direttivo sono Luca Zaia, Alberto Stefani, Erika Stefani, Nicola Finco, Roberto Marca«Sono to, Lorenzo Fontana e il sottoscritto. Mi pare un direttivo estremamente equilibrato e il commissario Alberto Stefani è, seppur giovane, preparato e già con tanta esperienza. Il suo telefono è sempre acceso a differenza dell’era Tosi contro cui, per altro, sono stato l’unico a candidarsi per la segreteria. Su di lui gravano le pressioni per il calo dei consensi. Paghiamo la scelta di responsabilità di stare al governo invocata dai governatori e dagli imprenditori del Nord. All’opposizione non avremmo fatto gli interessi della nostra gente come per la riforma del catasto che, a quest’ora, sarebbe già passata».
La settimana scorsa ha fatto scalpore il voto leghista su Roma capitale, che ne pensa?
«Purtroppo, essendo uno dei vecchi, sono stato relatore dei decreti attuativi sul Ddl Federalismo Fiscale e ricordo che, già nei decreti attuativi, c’era la norma su Roma capitale».
L’autonomia in Veneto non è ancora arrivata...
due temi distinti: qui si parla di competenze regionali date alla capitale non di competenze statali. Sull’autonomia continueremo la nostra battaglia, purtroppo abbiamo un parlamento che ha una minoranza di parlamentari del Nord. Servirebbe, lo dico da anni, una legge delega, come fu fatto con il federalismo fiscale».
Che fine hanno fatto i procedimenti disciplinari?
«Sono stati pochissimi e risibili. Io, che sono stato il primo vero oppositore di Tosi, ricordo ben altre stagioni...».
A Padova come andrà a finire?
«Vedo una sinistra spaccata, molto sfilacciata dato il mancato sostegno di Scelta civica e dell’area dei centri sociali. Credo che per un imprenditore preparato come Francesco Peghin l’opportunità di ribaltare la situazione ci sia. Il centrodestra è unito per la prima volta».
Non teme il fuoco amico?
«Mi sono dispiaciute uscite come quelle di Marcello Bano anche perché lui ed altri sono stati aiutati dal sottoscritto per diventare sindaco...».
I «ribelli» Le sanzioni disciplinari? Sono state poche e risibili. Ricordiamo la stagione di Tosi?