Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Aziende a caccia di manodopera «È l’effetto del calo demografico»
Garibbo: «La guerra in Ucraina non sta facendo venir meno l’appetito di lavoratori»
TREVISO «Oggi l’imprenditore vincente è chi sa attrarre i lavoratori e li sa tenere. Di sicuro non basta più appendere un cartello ai cancelli della fabbrica e sperare che qualcuno si presenti».
E’ il tramonto del paròn. Con i numeri che l’Istat presenta sul mercato del lavoro per la provincia di Treviso una delle evoluzioni possibili, probabilmente necessaria, riguarda la torsione culturale che il mestiere di piccolo imprenditore della manifattura dovrà affrontare e che, in parte, è già iniziata. A parlarne è Stefano Garibbo, responsabile provinciale dell’area lavoro di Confartigianato imprese, seguendo un ragionamento che trova la sua origine in un quadro demografico generale destinato a farsi più problematico di anno in anno e che, anche da domani la tendenza si invertisse, non produrrebbe effetti se non fra una ventina d’anni. Il tempo minimo, cioè, per un bambino che esca ora dalla sala parto, di crescere, diplomarsi ed entrare in un’azienda.
Oggi come oggi una soluzione non c’è. «Le figure che cerchiamo sono operai specializzati e tecnici, e se si fatica a trovarne più che una questione salariale l’argomento sta nella loro assenza fisica. Non credo all’immagine del ragazzo che aspetta a casa inerte il lavoro che più gli si adatta». Dunque di giovani non ce ne sono più nemmeno sul divano, visto l’aumento del tasso di occupazione in provincia. In pratica dal territorio sono state spremute tutte o quasi le forze disponibili e quelle che mancano per sostenere la produttività della piccola manifattura non sono recuperabili attraverso l’automazione spinta.
La caratteristica delle Pmi di casa nostra è di richiedere mani umane, c’è ben poco da poter convertire in smart working e da far dunque eseguire a distanza. E con gli investimenti del Pnrr e con l’impulso che l’estate porterà all’edilizia la richiesta di lavoratori non potrà che crescere ancora. «Lo stiamo vedendo dagli andamenti di questi primi mesi dell’anno – prosegue Garibbo – e le questioni che preoccupano il mondo dell’economia, a cominciare dal conflitto in Ucraina, per il nostro settore non stanno per il momento facendo venir meno l’appetito di manodopera». Ecco allora le liste di offerte di lavoro che i titolari d’azienda lasciano alle segreterie degli istituti tecnici da far recapitare ai neodiplomati, anche se, prosegue l’esperto di Confartigianato, «a questo punto bisognerebbe presentarle ai neoiscritti, far loro sapere che c’è già qualcuno che li aspetta».
La conseguenza di tutto questo è un capovolgimento dei rapporti di forza, il potere contrattuale passa in mano al dipendente sempre pronto a dimettersi e non è più solo una questione di soldi. La contesa di questo o quel ragazzo, da parte degli imprenditori, si gioca anche in altri campi, come quello del welfare, della flessibilità degli orari di lavoro, delle opportunità di crescita. Il buon datore di lavoro, perciò, al di là della mera applicazione del Contratto nazionale, è il capitano d’azienda che sa trattare, cercare intese, condividere punti di vista, colmare l’inevitabile gap formativo che c’è per passare dal laboratorio della scuola alle macchine nel suo capannone. Una specie di manager morale che è l’esatto opposto, appunto, degli imprenditori tutti d’un pezzo che si sono fatti da sé e che, nella tradizionale lettura socioeconomica veneta, hanno fatto il Nordest. «Su questo comunque c’è sempre più attenzione – prosegue Garibbo – e i lavoratori più intelligenti hanno già capito benissimo da che parte orientare le loro scelte. Al netto del fatto che ci aiuterebbero un paio di fattori da noi sollecitati da tempo. Il primo, a livello legislativo, è l’adozione di strumenti fiscali che permettano di lasciare nelle tasche dei lavoratori qualche euro in più, in particolare per le ore di lavoro straordinario. Il secondo – chiude – riguarda invece l’orientamento scolastico e l’influenza in questo delle famiglie, nel senso che se ci fossero più studenti negli Itc e qualcuno in meno nei licei sarebbe tutto di guadagnato».
Garibbo Più che una questione salariale, adesso il problema è l’assenza fisica di lavoratori
Non credo all’immagine del ragazzo che aspetta a casa sul divano il lavoro che gli si adatta