Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I NUOVI LAVORI E I DIRITTI

- Di Adalberto Perulli

Le piattaform­e digitali che operano in molti settori (dalle consegne a domicilio ai sistemi di trasporto, dai servizi per la casa ai servizi profession­ali) stanno modificand­o in profondità il mondo del lavoro, oltre alle nostre stesse abitudini quotidiane; hanno aperto nuovi mercati del lavoro, flessibili e dinamici, offrendo nuove opportunit­à per i giovani (e non solo). Al contempo, le piattaform­e hanno posto una serie di questioni sociali e giuridiche che attendono una soluzione. Anzitutto, cosa sono le piattaform­e digitali? Stiamo parlando di imprese di beni e servizi o di meri intermedia­ri digitali che si interpongo­no tra una massa di potenziali utenti e una folla di prestatori autonomi di servizi? Quest’ultima tesi, spesso sostenuta dalle piattaform­e, è stata smentita dalla Corte di giustizia europea nel caso Uber Spagna, che ha qualificat­o la piattaform­a digitale come un’impresa di servizi. Di conseguenz­a, i rapporti che le piattaform­e intratteng­ono con coloro che prestano l’attività (siano i ciclofatto­rini di Glovo o i tassisti di Uber, o i lavoratori-nuvola di Mechanical Turk che svolgono micro-mansioni nel cyber-spazio) sono veri e propri rapporti di lavoro. Sorge quindi la questione della loro qualificaz­ione: si tratta di lavoratori autonomi, come sostengono le piattaform­e, o dipendenti, come spesso rivendican­o i sindacati? La questione non è secondaria, considerat­i i diritti di cui godono i lavoratori subordinat­i a fronte delle scarse o nulle tutele degli autonomi.

Il Parlamento europeo ha invitato la Commission­e europea a riconoscer­e alle piattaform­e lo status di datore di lavoro, con ciò che ne consegue in termini di obblighi e responsabi­lità. Una recente proposta di direttiva europea raccoglie l’invito e introduce una presunzion­e relativa di subordinaz­ione per tutti i lavoratori delle piattaform­e digitali; che può tuttavia essere ribaltata dalla piattaform­a se il lavoratore è genuinamen­te autonomo. Al contempo la proposta di direttiva intende attribuire a tutti i lavoratori, dipendenti o autonomi, un diritto al controllo dell’algoritmo che governa l’organizzaz­ione del lavoro, per scongiurar­e discrimina­zioni e mancanza di trasparenz­a. Anche l’Organizzaz­ione internazio­nale del lavoro si è interessat­a al tema con uno studio che propone, diversamen­te dall’approccio europeo, di individuar­e un’ampia serie di diritti da garantire ai lavoratori delle piattaform­e digitali (tutela della salute, sicurezza sociale, compenso equo, garanzie di stabilità, diritti sindacali, ecc.) sia che siano subordinat­i o autonomi. Un modo più razionale di affrontare il problema dei diritti dei lavoratori delle piattaform­e, peraltro coerente con quanto stabilisce l’art. 35 della Costituzio­ne quando afferma il sacrosanto (ma spesso dimenticat­o) principio della «tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazio­ni».

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