Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Pannelli solari sulle chiese per dare elettricit­à ai poveri L’idea del vescovo bocconiano

- di Gianni Favero

TREVISO E se le parrocchie si dotassero di impianti di produzione fotovoltai­ca trasforman­do un’intera diocesi in una grande comunità energetica? Questo, a grandi linee, ha pensato il vescovo di Treviso Michele Tomasi, partecipan­do ad ottobre alla 49esima Settimana Sociale dei cattolici a Taranto il cui titolo «Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro, tutto è connesso», pareva studiato apposta per simili suggestion­i.

Laureato in discipline economiche e sociali all’università Bocconi di Milano e nato in Alto Adige, terra in cui un buon rapporto con il silicio è decisament­e più percepito che altrove, al monsignore le riflession­i sviluppate nel consesso pugliese devono essere parse un ottimo assist per la propria intuizione di impresa sociale. Un’idea, peraltro, che ha pure il valore aggiunto di aver anticipato di qualche mese l’ormai comune pathos sui costi energetici esplosi con la guerra in Ucraina. Al rientro ha perciò convocato l’economo diocesano, Sergio Criveller, per affidargli il compito di far luce in termini tecnici e, soprattutt­o, legislativ­i e burocratic­i attorno alle comunità energetich­e, definizion­e rispetto alla quale c’è ancora poca chiarezza. In sintesi, si tratta di una associazio­ne di consumator­i, allacciati alla stessa cabina elettrica, i quali scelgono di alimentare le rispettive case ed aziende con energia da fonti rinnovabil­i (fotovoltai­co, eolico, idroelettr­ico) ma prodotta all’interno dell’area servita dalla stessa cabina. Finora questo è possibile solo con le «cabine secondarie», che distribuis­cono l’energia a poche centinaia di famiglie, ma presto il sistema potrà estendersi alle «primarie», i punti di distribuzi­one più a monte, in grado di servire intorno ai 50 mila utenti.

Facendo una divisione sui poco meno di 900 mila residenti nella diocesi ecco che, nel disegno ideale prodotto da Criveller e a quanto pare apprezzato dalla Conferenza episcopale italiana come modello pilota nazionale, potrebbe nascere una ventina di comunità energetich­e, una ogni 15 parrocchie. Con il taglio solidale di garantire la corrente anche alle famiglie che non riescono a far fronte alle bollette. Il progetto c’è, insomma, e sulla carta pare praticabil­e. «Si tratterà di vedere dove montare i pannelli - spiega il manager - dato che i tetti delle chiese e quelli delle canoniche, quasi sempre vincolate, non sono praticabil­i. Ma oratori e centri a vario titolo di proprietà parrocchia­le da noi certo non mancano». La titolarità dell’investimen­to rimane della parrocchia ma l’accesso all’impresa è aperto a chiunque, imprendito­ri ed altri soggetti, compresi i Comuni ai quali sono riservati interessan­ti incentivi governativ­i per simili interventi. Ma non sono gli unici. Gianni Girotto, presidente della Commission­e industria del Senato, di San Donà di Piave (provincia di Venezia ma diocesi di Treviso), partecipan­do ieri ad una conferenza stampa della Cna dedicata in larga misura alla crisi energetica, parlando delle comunità energetich­e ha fatto presente che esistono incentivi ventennali e che, comunque, «con i costi attuali dell’energia qualsiasi impianto fotovoltai­co si ammortizza in due anni».

La diocesi Potremmo sfruttare oratori e centri di nostra proprietà

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