Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Me l’aspettavo... Ma io non credo più nella giustizia»

- MESTRE

«Me lo aspettavo...L’ho sempre pensato». Gli occhiali scuri non riescono a nascondere le lacrime, la voce è spezzata dai singhiozzi. Bruna Vergotti sosta impietrita davanti al cancello della villetta di via Radaelli, dove tutto è finito. Dopo tanto silenzio, ha appena saputo che la polizia è arrivata a dare un nome ed un cognome alla mano assassina che le ha strappato Alberico, ma nelle parole non c’è sollievo, solo l’inutile consapevol­ezza che i suoi sospetti fossero giusti. «Giravano troppi stranieri, qui intorno, sì, anche molti rumeni – racconta disperata la vedova – erano sempre ubriachi. In cuor mio non ho mai creduto che fosse stato uno del quartiere. Per un pugnetto di roba d’oro hanno ammazzato un uomo». Le lacrime scorrono sul volto stanco, c’è tanta rabbia. Accanto, il suo cagnolino, compagnia di questi mesi terribili, unico conforto assieme alla vicinanza dei due figli sacerdoti, don Stefano e don Corrado. «Torno a casa e la trovo vuota, sto male, male. Non riesco a farmene una ragione. Eravamo sempre insieme, di solito andavamo con i nostri ragazzi a fare i campi scuola, ma quel giorno maledetto Alberico è rimasto qui per non lasciare solo Corrado, in parrocchia. Era la mattina in cui lo hanno ucciso». Fu proprio il sacerdote rimasto a Marghera a trovare il corpo del padre, la villetta immersa in un agghiaccia­nte silenzio. «Mio figlio se l’è visto davanti, in mezzo al sangue, credo che non potrà più dimenticar­e quella scena». Bruna abbassa lo sguardo. Ogni giorno, da allora, è stato un terribile replay del 2 luglio, una moviola impossibil­e da scacciare nei pensieri, perché non si cancellano in quattro mesi 55 anni di matrimonio. «Quando ci siamo sposati eravamo

 Dolore Se penso che per un pugnetto d’oro è stato ucciso un uomo

Colpevole Non ho mai pensato che il colpevole fosse qualcuno del quartiere

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