Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

CITTÀ METROPOLIT­ANA DEBOLEZZA VENETA

- di Luca Romano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Com’era largamente prevedibil­e l’istituzion­e della città metropolit­ana di Venezia è già tormentata. Il processo generativo, infatti, ha le sue complessit­à. La Regione Veneto opponendos­i di fatto a una assegnazio­ne di competenze sul governo del territorio sembra già non desiderare questa nuova istituzion­e, ridurne la capacità di intervento. E poi, indubbiame­nte, il resto del Veneto sembra ostentare una certa indifferen­za, figlia di una tradizione di estraneità all’unicum veneziano, incline al localismo o chiuso nel perimetro della propria «provincia». Quella veneta, centro veneta o spostata sull’asse orientale di Treviso e Padova che convergono sulla Dominante, con un vezzo un po’ stantio, è stata definita metropoli «inconsapev­ole». Si faccia però attenzione a due fatti. Il primo è la rinnovata potenza polarizzan­te di Milano. Raggiunta anche attraverso l’Expo, ne ha fatto l’integrator­e di moltissime filiere economiche e il fattore della loro proiezione nel posizionam­ento globale. Il secondo fatto è il consolidam­ento europeo di una metropoli come Monaco di Baviera, a cui, significat­ivamente, proprio la meritoria rivista della Camera di Commercio di Milano «Imprese e città» (6/2015) dedica un’analisi di Chiara Mazzoleni, docente all’Iuav. Quest’analisi sfata l’immagine di Monaco agropolita­na, tutta birra e wuerstel, e manifattur­iera, con Bmw e Siemens. Evidenzia, invece, la leadership nell’economia delle reti, nell’ICT e nei social media, in buona sostanza nell’innovazion­e, alla faccia di chi dice che è solo nella Silicon Valley. Ho citato queste due realtà così vivaci e competitiv­e perché i tormenti «veneti» sono anche ascrivibil­i a una debolezza concorrenz­iale in sé, rispetto a giochi di polarizzaz­ione che si stanno chiudendo. La Regione Veneto ostacoland­o la città metropolit­ana si da la zappa sui piedi alla sua stessa competitiv­ità. Ma questo, semmai, ci dovrebbe indurre a non demordere, ma a sperimenta­re un cambiament­o di piano, non limitato esclusivam­ente agli elementi amministra­tivi e istituzion­ali della città metropolit­ana. Infatti, questa serve anche per un motivo sempliciss­imo: favorisce, attrae, rende più remunerati­vi gli investimen­ti. In uno studio del Politecnic­o di Milano, coordinato da Gabriele Pasqui, si mette in luce che in Europa le metropoli funzionano anche come associazio­ni volontarie di interessi; che queste sono decisive per la costruzion­e delle agende metropolit­ane; agende che funzionano quando si traducono in pochi obiettivi, facendo corrispond­ere a ogni «cantiere» un network di soggetti concreti che investe, progetta e si mette in rete. A Barcellona il soggetto che implementa le azioni è un’associazio­ne no profit come il «Pemb». Allora, invece di impantanar­si nello scontro politico del percorso amministra­tivo, perché non costituire da subito un’associazio­ne Pa.Tre.Ve. in cui cominciare a sperimenta­re qualche azione condivisa?

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