Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Noi felici di farlo, ma l’accoglienza familiare deve essere l’eccezione»
«Una famiglia non può reggere da sola il peso dell’accoglienza, ma deve essere affiancata da un’équipe di psicologi, mediatori, insegnanti. Il punto è questo: lo Stato sta solo ragionando nell’ottica dell’emergenza e vuole riempire un buco che non sa colmare? O si sta davvero pensando di inserire queste persone nel nostro Paese, in cui un domani saranno cittadini e lavoratori? Di certo l’accoglienza in famiglia non può essere la regola, ma l’eccezione». Lo ha sempre detto Antonio Calò (in foto): i sei richiedenti asilo, originari del Gambia e della Nigeria, che ospita in casa sua a Camalò di Povegliano, gli hanno cambiato la vita. In positivo. Sono entrati sei mesi fa nella sua famiglia ed ora ne fanno parte a tutti gli effetti. Ma proprio per questo lui, che per il suo impegno verrà ricevuto assieme a sua moglie Nicoletta martedì 17 novembre dal presidente Sergio Mattarella per il conferimento dell’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, sa bene quali sono le difficoltà di aprire la propria casa a rifugiati fuggiti dalla guerra e dalle persecuzioni, con tutti i traumi psicologici o fisici che ne conseguono. «Le famiglie che intraprendono questo percorso - afferma devono sapere che la loro vita può essere sconvolta: devono essere convinte di ciò che fanno, e magari avere esperienze di accoglienza alle spalle. Devono essere presenti, sennò diventano né più né meno di un affittacamere, e trovare un motivo di arricchimento, e non di scompenso, nel vivere con persone con le quali possono nascere difficoltà». Sul modello presentato in prefettura a Padova, Calò pone un’obiezione: «Troppo pochi due profughi per famiglia. C’è il rischio che i isolino, in un momento in cui invece hanno bisogno di stare assieme. Ma è indispensabile che anche le famiglie non vengano abbandonate».