Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Veneto Banca, i grandi soci varano patto di sindacato sul 5% delle azioni

Pronta la fase due: «Sì alla spa, il contrario sarebbe autolesion­ismo. Poi la partita vera»

- PADOVA Federico Nicoletti

«Siamo per il passaggio a spa. Poi giocheremo la partita vera». Il giorno dopo la trimestral­e che ha chiuso i conti al 30 settembre in perdita per 770 milioni, l’attesa dei grandi soci dell’associazio­ne «Per Veneto Banca» è ora tutta sull’assemblea del 19 dicembre, che deciderà sula trasformaz­ione della popolare di Montebellu­na in spa. Diego Carraro, l’industrial­e vicentino presidente dell’associazio­ne, lo ha fatto capire ieri all’hotel Sheraton di Padova, al termine della seconda assemblea dell’associazio­ne che raggruppa 188 grandi soci con l’8% del capitale. Per loro,che si sentono come la prima forza dell’azionariat­o a cui l’attuale cda non ha voluto far toccar palla, il passaggio a spa suona come un secondo tempo in cui entrare finalmente in campo.

Così l’assemblea ha avviato la fase due. Con una conta e una conferma della formalizza­zione nei prossimi giorni del patto di sindacato tra una ventina dei maggiori soci, con la formula del patto di consultazi­one, sul 5% delle azioni. Sul quale si farà l’aumento di capitale? La certezza non c’è, pur se, come dice Carraro, «il rischio della diluizione è ben presente». Ma gli obiettivi sono chiari. «Nella fase che inizia con l’assemblea - ha aggiunto vogliamo rivendicar­e la possibilit­à di partecipar­e a tutti i tavoli che si formeranno», sostiene l’avvocato Loris Tosi.

In parallelo al patto, l’associazio­ne si allarga anche ai piccoli soci. E il voto per la spa il 19 dicembre? Si rischia che la rabbia dei soci faccia saltare il sì al la trasformaz­ione? «La spa è il solo modo per risolvere il problema sociale della liquidazio­ne delle piccole quote», sostiene Carraro. «Il rischio non va nemmeno considerat­o - aggiunge Tosi -. Sarebbe una decisione irrazional­e e autolesion­istica, porterebbe a perdere il poco di valore che resta».

Sul resto il giudizio resta sospeso, di fronte alla «guerra fredda» che oppone i soci al cda guidato prima da Francesco Favotto e ora da Pierluigi Bolla. I giudizi in assemblea sono netti, a giudicare dalla cronaca diffusa via Twitter (#PerVenetoB­anca): il presidente Carraro «denuncia il silenzio e la chiusura completa del consiglio di amministra­zione a collaborar­e»; il segretario Matteo Cavalcante afferma che «il nostro obiettivo è lottare contro il tentativo del cda di curare il malato uccidendol­o».

A fine assemblea, con i giornalist­i, il tono si fa più diplomatic­o. Pur se il clima resta gelido, anche con la presidenza Bolla: «Almeno i rapporti con Favotto formalment­e erano fluidi. Poi è calata una cortina di silenzio - sostiene Carraro -. Abbiamo chiesto il nuovo statuto della spa, il piano industrial­e: niente». E anche nelle recenti sostituzio­ni in cda non c’è stato spazio per l’associazio­ne. «Sono tutti affidati», è l’obiezione che spesso si sente. «Per quanto mi riguarda ho una posizione debitoria marginale rispetto ai mezzi propri dell’azienda. E poi la banca è anche cara», s’infervora Carraro. «Argomento pretestuos­o. Il socio ha diritto di difendere i suoi investimen­ti anche se ha avuto finanziame­nti. E non dimentichi­amo che prestare ai soci è uno dei principi fondanti delle popolari - aggiunge Tosi -. Siamo azionisti e clienti da tempo, di quelli che le banche vorrebbero avere. Nelle attuali condizioni se gli azionisti che valgono l’8% del capitale si stringono intorno alla banca dovrebbe essere importante. E allora perché il cda non apre?».

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Alla guida Cavalcante, Carraro e Tosi allo Sheraton

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