Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

GIUSTIZIA, LE LEGGI E LE GAMBE

- Di Pasquale D’Ascola

La cronaca di questi giorni si è occupata della vicenda dell’autore di un tentativo di furto di rame, ferito con un complice dalle pistoletta­te del proprietar­io derubato, e sorpreso anni dopo a rubare di nuovo. La storia è divenuta paradossal­e sia perché il fermato non ha potuto essere trattenuto in carcere, in quanto si è scoperto che il precedente reato era caduto in prescrizio­ne, sia perché il primo derubato è stato condannato a risarcire un’ingente somma al ladro ferito. Su questa seconda parte della storia si è già scritto molto. E’ meritevole di attenzione la prima parte di essa. Perché succede che cadano in prescrizio­ne delitti allarmanti, anche quando il colpevole viene individuat­o rapidament­e? La lentezza dei giudizi, vistosa nelle Corti di appello, è dovuta ai troppi illeciti che sono previsti e puniti con sanzioni penali e alla ristrettez­za dei mezzi di cui sono dotati uffici giudiziari e apparati di sicurezza. Questi ultimi sono costretti a dare la precedenza ai fatti più gravi (stragi, omicidi, rapine, grandi bancarotte). La prescrizio­ne, abbreviata dalla legge cd ex Cirielli, può così scattare spesso. C’è chi afferma che la prescrizio­ne, come avviene in altri paesi, dovrebbe essere sospesa a tempo indetermin­ato dopo il rinvio a giudizio o almeno dopo la condanna resa in primo grado.

Diffidiamo di questa soluzione, pur ritenendo opportuno un riesame della materia, come chiedono i procurator­i generali. La prescrizio­ne è uno strumento che garantisce la affidabili­tà dei processi. Spesso le prove raccolte in un processo a distanza di molti anni dal fatto non sono genuine. I testimoni non ci sono più, o hanno ricordi vaghi e insicuri. Se l’istruttori­a o il primo grado sono stati carenti, chi ha proposto appello (il condannato o anche il p.m.) non può dimostrare la propria tesi. Lo stato rinuncia allora a proseguire l’accusa, preferendo un imputato in libertà a un innocente in prigione.

E’ un principio di civiltà, da mantenere, che ha senso se applicato per casi rari, non per molte migliaia di processi all’anno, né per fatti eclatanti. Si diffonde altrimenti la sfiducia della gente nelle istituzion­i, già minate dai denigrator­i abituali. Occorre allora che sia prestata attenzione ai richiami che si odono periodicam­ente, in occasione dell’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o o di altre cerimonie pubbliche, per l’adeguament­o degli organici di cancelleri­e e forze dell’ordine. Che sono le «gambe» che fanno camminare la giustizia. E’ inutile infatti arrestare un ladro e condannarl­o se non v’è chi poi celebri l’appello; ed è inutile la condanna passata in giudicato se nessun impiegato è in condizione di annotarla nei registri. In tal caso la prima condanna non risulterà e le sanzioni previste per i delinquent­i recidivi resteranno parole su carta, con conseguent­i scarcerazi­oni immeritate. Anche il legislator­e avrà lavorato invano.

Lo Stato è efficiente se riesce a far funzionare, impiegando i mezzi necessari, tutti i propri apparati, da quello legislativ­o fino alla rotella finale dell’esecuzione della pena: i governanti ne prendano consapevol­ezza.

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