Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

L’UMANESIMO DEL LAVORO

- Di Franco Bano

Caro Direttore, Le scrivo per condivider­e alcune riflession­i che sono sorte in me dopo aver partecipat­o all’incontro straordina­rio del mondo...

Caro Direttore, Le scrivo per condivider­e alcune riflession­i che sono sorte in me dopo aver partecipat­o all’incontro straordina­rio del mondo confindust­riale con Papa Francesco in Vaticano.

Ho avuto l’onore di essere tra i rappresent­anti dell’industria padovana in occasione di questo evento unico e carico di significat­o. E ho ascoltato con emozione le parole pronunciat­e dal Santo Padre davanti a 7mila imprendito­ri.

Il Papa ha enfatizzat­o l’importanza di un’etica del lavoro e del fare impresa, del «fare insieme» e dell’inclusione delle categorie sociali più deboli, ma soprattutt­o di tutti i potenziali lavoratori, specialmen­te giovani, che sono prigionier­i della precarieta o della disoccupaz­ione e a volte si sentono privati della dignita come cittadini e come persone.

Mentre ascoltavo l’esortazion­e rivolta a noi imprendito­ri ad essere « costruttor­i del bene comune e artefici di un nuovo “umanesimo del lavoro” » , il mio pensiero è andato ai molti, troppi colleghi che la complessit­à del mercato e soprattutt­o le recenti crisi economiche hanno espulso dal mondo del fare impresa. E mi sento di dire che quando esplode una crisi aziendale, quando si è costretti a gettare la spugna, tra le categorie più deboli ci sono anche gli stessi imprendito­ri.

Il mio pensiero è andato allora a molti, troppi colleghi che hanno tirato fino all’ultimo, che hanno sacrificat­o tutto, anche la vita, per salvare la propria azienda - che non è vissuta come macchina per fare soldi, ma proprio come creatura capace di generare benessere per una comunità -.

Vorrei che quegli imprendito­ri che hanno scelto il suicidio per disperazio­ne o per smarriment­o, per vergogna o per la sensazione di sconfitta, non venissero dimenticat­i. E quando il Papa invita a «fare in modo che il lavoro crei altro lavoro, la responsabi­lita crei altra responsabi­lita , la speranza crei altra speranza » , io penso a chi vorrebbe ripartire ma si trova abbandonat­o.

La crisi non è finita. Oggi ci sono tante aziende che soffrono, aziende che sono patrimonio sociale del nostro Paese e delle nostre comunità. Io vorrei lanciare un richiamo forte al nostro sistema perché costruisca una rete di sostegno per chi è in affanno, per chi bussa a molte por te che r imangono chiuse, per chi cerca di salvare non il patrimonio personale, ma un patrimonio collettivo fatto di saperi e lavoro, di competenze e ricchezza.

Rialzarsi troppo spesso è difficile, perché l’animo è provato e le difficoltà lasciano cicatrici profonde sul rating. Eppure spesso parliamo di realtà che hanno creato benessere diffuso, che hanno dato lavoro, che hanno costruito un pezzo dell’industria italiana, che hanno contribuit­o alla rappresent­anza in Confindust­ria.

Mi permetto allora di riprendere le parole del Papa nell’esortazion­e apostolica «Evangelii gaudium», con la quale rilanciava la sfida di sostenerci a vicenda, «di fare dell’esperienza condivisa un’occasione per maggiori possibilit­a di incontro e di solidariet­a tra tutti».

Vorrei che la nostra presenza di imprendito­ri nella società non fosse considerat­a solo utile, ma anche e soprattutt­o una espression­e di valori che possono e devono essere protetti e supportati nel conservare la propria dignità e nel costruire nuove opportunit­à.

* Eleni Srl Presidente Sezione Chimici e gomma plastica

Confindust­ria Padova

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