Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Prima alpina tenente, lo Stato rivuole il premio

Lidia Sarnataro fu la pioniera della parità di genere nelle Penne Nere. La procura della Corte dei conti chiedeva la restituzio­ne di 9 mila euro, ricevuti senza diritto. I giudici: «Processo da rifare in sede civile»

- Di Alberto Zorzi

VENEZIA Il suo ingresso tra le penne nere era stato trionfale: «Benvenuta, tenente Sarnataro», aveva scritto nel maggio 2005 «L’Alpino», la rivista ufficiale dell’Ana. Per lei, Lidia Sarnataro, all’epoca 27enne siciliana di Floridia (provincia di Siracusa) e laureata in Medicina a Catania, quel giuramento di fedeltà alla Patria nella caserma Salsa di Belluno del 7° reggimento Alpini della brigata Julia era un grande record: il primo ufficiale di sesso femminile nella storia del Corpo. L’uscita, un paio d’anni dopo, è invece stata un disastro: e ancora oggi, a nove anni di distanza, saranno le aule giudiziari­e e dirimere lo scontro a suon di avvocati tra il Corpo degli alpini e lo Stato da un lato e la tenente dei record dall’altro. In mezzo, oggetto della contesa, una cifra che tutto sommato non è nemmeno di quelle da perderci la testa: 9 mila e 421 euro, più 98 centesimi, per essere precisi.

Ovvero i soldi che il 19 settembre 2007 Sarnataro aveva ricevuto come « premio di congedamen­to», previsto da una legge del 1986 per «i graduati e militari di truppa in ferma di leva prolungata». Lei se ne era andata un mese e mezzo prima, il 6 agosto, quando era finito il periodo di ferma volontaria; ma fin da subito l’amministra­zione militare centrale aveva avviato delle verifiche per capire se quel versamento di 9 mila euro e spiccioli fosse in regola. Il problema – e da qui nasce la guerra giudiziari­a – è che l’istruttori­a, secondo la quale quel denaro non le era dovuto, è terminata il 20 settembre 2007, cioè il giorno dopo il versamento. E da allora tra il Corpo e la sua ex « golden lady » è iniziata la sfida a furia di raccomanda­te, una sorta di inseguimen­to tra gatto e topo. Il primo chiedeva la restituzio­ne del denaro, affermando che non quel premio non fosse riconoscib­ile a favore degli ufficiali in ferma prefissata, posizione rivestita dalla donna durante il servizio militare. La seconda contestava la richiesta, ritenendo che solo una circolare del 18 dicembre 2007, quindi ben tre mesi dopo, avesse meglio precisato chi aveva diritto al premio e che dunque nel momento dell’erogazione quei soldi le spettasser­o di diritto.

La tenente, dura come quella roccia delle Dolomiti che aveva imparato ad amare («Ho già fatto scalate in montagna con un istruttore, sto imparando sul Passo Falzarego e a Riva del Garda, sulle pareti zebrate», aveva raccontato nelle interviste di quel 2005), non si è piegata di fronte all’invito dei suoi superiori, né alla successiva costituzio­ne in mora, né quando è entrata in campo la procura regionale della Corte dei Conti, che l’ha trascinata a giudizio. Un mese fa c’è stata l’udienza e il pm contabile Mariapaola Daino ha chiesto la condanna a restituire il denaro, accusandol­a di «colpa grave», in quanto la normativa relativa al beneficio economico in questione doveva ritenersi abbastanza chiara, e spiegando che quell’una indebita percezione era un palese danno alle casse dell’erario.Il suo avvocato Marco Lo Scalzo aveva invece ribattuto che quel premio era dovuto a favore del personale che, non essendo di leva, non aveva maturato il diritto alla pensione.

Per ora ha vinto lei, o perlomeno ha allungato i tempi. I giudici della Corte dei Conti hanno infatti ritenuto che la vicenda di Sarnataro, essendo stata ormai già congedata al momento della presunta indebita percezione, non fosse di propria competenza e con una sentenza depositata nei giorni scorsi ha dichiarato che della materia si dovrà occupare il giudice ordinario. Tutto da rifare, insomma.

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