Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Venezia e il Porto off shore realtà o solo un sogno? Comunque candidatura debole
Il presidente della Autorità Portuale ha rilanciato la proposta del porto d’altura per offrire un servizio efficiente alle imprese. I tempi dell’iter sono lunghi, i finanziatori forse ci sono, ma la loro identità rimane celata.
La candidatura di Venezia a questo progetto appare debole dato che il porto di Venezia ha perso progressivamente posizioni rispetto ai porti vicini, anche al netto della caduta delle importazioni di petroli che lo ha penalizzato. Venezia ha perso, come quota dal 2009 al 2015, il 13% suTrieste, il 30% su Ravenna, il 70% su Capodistria.
Si dice che la situazione attuale non riflette le potenzialità del porto di Venezia, che stanno nel suo entroterra, e il porto d’altura sarà il centro di una futura rete distributiva efficiente.
Un buon progetto portuale non si misura sui fondali e le banchine, ma sulla capacità di intercettare la domanda.
Parte delle merci, dice il presidente della Autorità Portuale, dal porto di altura andranno via acqua a Ravenna, Chioggia, Mantova e si creerà a Marghera un retroporto con lavorazioni industriali leggere. Tuttavia le imprese venete, legate al made in Italy, sono da sempre poco interessate dall’operare a filo banchina. Una decisa opposizione al progetto viene dai presidenti degli interporti veneti di Padova e Verona. La domanda locale, comunque, assorbirà una piccola parte della capacità del nuovo porto e il progetto ha senso se si riesce ad operare per la Germania. In Germania c’è la regione manufatturiera più forte d’Europa ed è l’unico paese che ha un saldo commerciale bilanciato con la Cina, e quindi gli operatori di quel paese oltre a scaricare i container li caricano e li rispediscono in Asia. Il ritorno carico è garanzia della economicità del trasporto.
A Venezia non basta fare delle banchine, per altro vicino a porti che hanno già adeguati fondali e potenzialità di crescita, ma bisogna convincere gli operatori e gli importatori del centro Europa a portarvi le loro merci in entrata e in uscita. Si può fare, ma il progetto del porto d’altura nasce gravato di varie tare. Un alto costo iniziale, un alto costo di gestione (gestire personale in una piattaforma in mare costa molto. E’ necessario un transhipment che in altri porti non è richiesto), e una infrastruttura ferroviaria vetusta, completamente da ridisegnare.
I container arrivati al porto d’altura verranno sbarcati in modo semiautomatico nelle
“mamavessel”. Navi che nella stragrande maggioranza entreranno in laguna e si dirigeranno a Marghera attraverso il canale dei Petroli, navigheranno in convoglio con navi commerciali e, in caso di alta marea, attraverseranno la “conca di navigazione” di Malamocco. Dovranno scaricare le decine di migliaia di container che arrivano su di una nave nell’arco di un paio di giorni. Venezia ha tre giorni di nave in meno rispetto al nord Europa durante i quali deve scaricare i container, fare i controlli (dogana, sanità) e caricarli sui treni. Rispetto ad altri scali italiani non ha nessun margine temporale di vantaggio.
Certo se ci fosse un armatore privato che ci mettesse dei capitali e gestisse il transhipment in altura sarebbe un bel segnale e sarei lieto di ricredermi. Ma finora non si è visto.
A mio parere Venezia farebbe meglio a puntare sulla gestione efficiente di un porto sostenibile, di medie dimensioni.