Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Banco Popolare, i vertici accelerano «Chiuderemo l’accordo con Bpm»
L’ad Saviotti: ci stiamo avvicinando alle richieste della Bce, faremo di tutto per la fusione
LODI L’operazione con Popolare di Milano? «L’obiettivo è portare a termine la fusione». Il riferimento più diretto al tema del giorno Pierfrancesco Saviotti, amministratore delegato del Banco Popolare, lo fa al termine della mattina, nell’intervento di replica ai soci, all’assemblea della popolare scaligera che a Lodi approva il bilancio 2015. E lo doppia poi davanti ai giornalisti, ad assise conclusa, insieme al presidente, Carlo Fratta Pasini: «Siamo interessati a chiudere e faremo di tutto perché ciò avvenga. La Bce ci ha dato indicazioni precise a cui rispondere e stiamo studiando di tutto». Gli interventi più evidenti, di una mattina spesa a lanciare segnali positivi sulla fusione Banco-Bpm, che entra nei tre giorni decisivi, con le scelte che i cda dovranno adottare in due riunioni parallele martedì.
Saviotti e Fratta Pasini le confermano, ma non svelano particolari in più sugli elementi con cui strappare il sì alla Bce, dopo la lettera di mercoledì che dettava le condizioni, chiedendo soprattutto operazioni di rafforzamento capitale. Saviotti non esclude al cento per cento nemmeno un aumento, nel ventaglio di operazioni per rafforzare la banca; ma esclude che le vendite di asset possano coinvolgere le controllate Agos e Aletti, o la Anima Holding di Bpm. «ll nostro capitale è robusto. Ma Bce insiste su miglioramenti e consideriamo altre iniziative. Saranno definite nei dialoghi tra i due cda», dicono Saviotti e Fratta Pasini, decisi comunque sugli effetti finali e sulla determinazione anche di Milano procedere: «Se non lo fossimo, non parleremmo così».
Dopo l’altalena degli ultimi giorni, anche dall’assemblea di Lodi esce un’indicazione ottimistica. Saviotti la conferma lungo tutta l’assemblea: «La lettera della Bce ci ha spinto a riflessioni – dice, rispondendo alle sollecitazioni dei soci -. Ma la propensione a rispondere positivamente è robusta. Non perché ce lo dice il governo, ma perché lo riteniamo utile e importante. Siamo arrivati a una fase in cui la soluzione dovrebbe essere positiva». La fusione con Milano è il vero filo conduttore dell’assemblea, di fronte al ritorno all’utile per 430 milioni e alla distribuzione del dividendo. Fatti che fanno scorrere via tranquilla l’assise: niente soci accalorati alla tribuna per i conti in rosso, o volantinaggi all’esterno, come in passato. E le votazioni finali sul bilancio passano con oltre il 99% di sì sui 38 mila voti espressi, con una presenza fisica che raggiunge la punta di 7.157 soci, che rappresentano 41.360 voti e il 15% del capitale. «Il progetto si trova di fronte a difficoltà, nonostante fosse apprezzato dai mercati - dice Saviotti -. Ma se sono rose fioriranno, si dice in questi casi. E la fioritura dovrebbe arrivare in tempi ragionevolmente brevi». E fa riferimento diretto alla Bce, l’amministratore delegato, di fronte al capo dell’area ispettiva di Francoforte che tiene controlla anche il Banco, la lettone Ilze Rainska, giunta a sorpresa, che saluta con un «welcome». Saviotti definisce chiaramente un «approccio non facilmente comprensibile» la linea di Francoforte, pur se lo sforzo per chiudere positivamente appare altrettanto chiaro: «Il buon esito del lavoro non è ancora scontato – dice Saviotti –. Ma ci stiamo avvicinando sempre più alle richieste della Bce ed è ragionevole pensare che riusciremo a favorirne la felice conclusione nell’interesse dell’intero sistema». E nella replica ai soci, il manager difende anche la scelta dell’operazione con Bpm, criticata da alcuni interventi: «Credo sia stata una delle scelte migliori che potessimo fare. Dissi in tempi non sospetti che quello era il mio sogno. È una banca solida, sana, con cui possiamo fare sinergie importanti. E il territorio su cui operiamo è meglio della Germania. Non ci siamo buttati solo sulla Milano. Abbiamo fatto più di una valutazione ma alla fine quella è risultata vincente». Con il vantaggio in più di poter passare il testimone all’ad di Milano, Giuseppe Castagna, che Saviotti conosce dei tempi della comune militanza al Credito Italiano: «Posso fare un passo indietro con tranquillità: è la persona giusta per garantire successo alla banca».
Tocca invece a Fratta Pasini replicare all’altra accusa sentita spesso intorno all’operazione, averla costruita più sulla conservazione delle poltrone che sui piani industriali: «Non è così. Nel processo competitivo con Bpm si è arrivati fin qui perché la banca ha deciso in fretta e nessuno ha fatto pensieri su se stesso». Per il presidente la vera preoccupazione per il futuro, ragionando già di una fusione fatta, sta nel nell’assetto della proprietà, dopo la trasformazione in spa dell’autunno in contemporanea al sì alla fusione. Soprattutto di fronte al no di Bce al tetto azionario del 5% oltre il periodo transitorio di due anni previsto dalla riforma delle popolari: «È un tema fondamentale. Pensavamo di poter ricorrere a limiti di possesso azionario o di voto, visti invece dalla vigilanza come un limite alla sana gestione. Il tema è rilevante per il futuro, l’azionariato stabile diventa fondamentale – avverte il presidente -. Il Banco diventerà un oggetto contendibile, già solo dopo pochi mesi».