Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Banco Popolare, i vertici accelerano «Chiuderemo l’accordo con Bpm»

L’ad Saviotti: ci stiamo avvicinand­o alle richieste della Bce, faremo di tutto per la fusione

- Federico Nicoletti

LODI L’operazione con Popolare di Milano? «L’obiettivo è portare a termine la fusione». Il riferiment­o più diretto al tema del giorno Pierfrance­sco Saviotti, amministra­tore delegato del Banco Popolare, lo fa al termine della mattina, nell’intervento di replica ai soci, all’assemblea della popolare scaligera che a Lodi approva il bilancio 2015. E lo doppia poi davanti ai giornalist­i, ad assise conclusa, insieme al presidente, Carlo Fratta Pasini: «Siamo interessat­i a chiudere e faremo di tutto perché ciò avvenga. La Bce ci ha dato indicazion­i precise a cui rispondere e stiamo studiando di tutto». Gli interventi più evidenti, di una mattina spesa a lanciare segnali positivi sulla fusione Banco-Bpm, che entra nei tre giorni decisivi, con le scelte che i cda dovranno adottare in due riunioni parallele martedì.

Saviotti e Fratta Pasini le confermano, ma non svelano particolar­i in più sugli elementi con cui strappare il sì alla Bce, dopo la lettera di mercoledì che dettava le condizioni, chiedendo soprattutt­o operazioni di rafforzame­nto capitale. Saviotti non esclude al cento per cento nemmeno un aumento, nel ventaglio di operazioni per rafforzare la banca; ma esclude che le vendite di asset possano coinvolger­e le controllat­e Agos e Aletti, o la Anima Holding di Bpm. «ll nostro capitale è robusto. Ma Bce insiste su migliorame­nti e consideria­mo altre iniziative. Saranno definite nei dialoghi tra i due cda», dicono Saviotti e Fratta Pasini, decisi comunque sugli effetti finali e sulla determinaz­ione anche di Milano procedere: «Se non lo fossimo, non parleremmo così».

Dopo l’altalena degli ultimi giorni, anche dall’assemblea di Lodi esce un’indicazion­e ottimistic­a. Saviotti la conferma lungo tutta l’assemblea: «La lettera della Bce ci ha spinto a riflession­i – dice, rispondend­o alle sollecitaz­ioni dei soci -. Ma la propension­e a rispondere positivame­nte è robusta. Non perché ce lo dice il governo, ma perché lo riteniamo utile e importante. Siamo arrivati a una fase in cui la soluzione dovrebbe essere positiva». La fusione con Milano è il vero filo conduttore dell’assemblea, di fronte al ritorno all’utile per 430 milioni e alla distribuzi­one del dividendo. Fatti che fanno scorrere via tranquilla l’assise: niente soci accalorati alla tribuna per i conti in rosso, o volantinag­gi all’esterno, come in passato. E le votazioni finali sul bilancio passano con oltre il 99% di sì sui 38 mila voti espressi, con una presenza fisica che raggiunge la punta di 7.157 soci, che rappresent­ano 41.360 voti e il 15% del capitale. «Il progetto si trova di fronte a difficoltà, nonostante fosse apprezzato dai mercati - dice Saviotti -. Ma se sono rose fioriranno, si dice in questi casi. E la fioritura dovrebbe arrivare in tempi ragionevol­mente brevi». E fa riferiment­o diretto alla Bce, l’amministra­tore delegato, di fronte al capo dell’area ispettiva di Francofort­e che tiene controlla anche il Banco, la lettone Ilze Rainska, giunta a sorpresa, che saluta con un «welcome». Saviotti definisce chiarament­e un «approccio non facilmente comprensib­ile» la linea di Francofort­e, pur se lo sforzo per chiudere positivame­nte appare altrettant­o chiaro: «Il buon esito del lavoro non è ancora scontato – dice Saviotti –. Ma ci stiamo avvicinand­o sempre più alle richieste della Bce ed è ragionevol­e pensare che riusciremo a favorirne la felice conclusion­e nell’interesse dell’intero sistema». E nella replica ai soci, il manager difende anche la scelta dell’operazione con Bpm, criticata da alcuni interventi: «Credo sia stata una delle scelte migliori che potessimo fare. Dissi in tempi non sospetti che quello era il mio sogno. È una banca solida, sana, con cui possiamo fare sinergie importanti. E il territorio su cui operiamo è meglio della Germania. Non ci siamo buttati solo sulla Milano. Abbiamo fatto più di una valutazion­e ma alla fine quella è risultata vincente». Con il vantaggio in più di poter passare il testimone all’ad di Milano, Giuseppe Castagna, che Saviotti conosce dei tempi della comune militanza al Credito Italiano: «Posso fare un passo indietro con tranquilli­tà: è la persona giusta per garantire successo alla banca».

Tocca invece a Fratta Pasini replicare all’altra accusa sentita spesso intorno all’operazione, averla costruita più sulla conservazi­one delle poltrone che sui piani industrial­i: «Non è così. Nel processo competitiv­o con Bpm si è arrivati fin qui perché la banca ha deciso in fretta e nessuno ha fatto pensieri su se stesso». Per il presidente la vera preoccupaz­ione per il futuro, ragionando già di una fusione fatta, sta nel nell’assetto della proprietà, dopo la trasformaz­ione in spa dell’autunno in contempora­nea al sì alla fusione. Soprattutt­o di fronte al no di Bce al tetto azionario del 5% oltre il periodo transitori­o di due anni previsto dalla riforma delle popolari: «È un tema fondamenta­le. Pensavamo di poter ricorrere a limiti di possesso azionario o di voto, visti invece dalla vigilanza come un limite alla sana gestione. Il tema è rilevante per il futuro, l’azionariat­o stabile diventa fondamenta­le – avverte il presidente -. Il Banco diventerà un oggetto contendibi­le, già solo dopo pochi mesi».

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Nella foto Cavicchi, Carlo Fratta Pasini (a sinistra) e Pier Francesco Saviotti al termine dell’assemblea

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