Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
TRIVELLE, AL VOTO IN 4 MILIONI
Seggi aperti dalle 7 alle 23. In gioco qui dieci concessioni, anche se per difendere Venezia nel nostro mare non si scava. Da Zaia ai ribelli Pd, passando per il M5S, la politica regionale è tutta schierata per il «sì»
Quasi quattro milioni di veneti sono chiamati oggi per il referendum sulle trivelle. Seggi aperti dalle 7 alle 23. In gioco quasi dieci concessioni. Dalla Lega ai grillini, fino ai ribelli dem, politica regionale schierata per i sì.
Se vince il «sì» le concessioni per l’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia dalla costa scadranno nei termini previsti Se vince il «no» le concessioni entro le 12 miglia scadute potranno essere rinnovate fino all’esaurimento del giacimento
Ci siamo, oggi si vota. Partito in sordina, con le sole nove Regioni promotrici ad affannarsi per trascinare il popolo elettore alle urne, il referendum «sulle trivelle», com’è stato sinteticamente ribattezzato (il quesito è incomprensibile come al solito), ha finito nelle ultime settimane per acquisire un notevole rilievo politico, tramutandosi in una sorta di «sì» o «no» sull’intera politica energetica del Governo Renzi, ma anche in un primo test (il secondo saranno le amministrative del 5 giugno) in vista del referendum di ottobre sulla riforma costituzionale, appuntamento a cui lo stesso premier ha legato la sopravvivenza del suo esecutivo.
I veneti chiamati ad esprimersi sulla durata delle concessioni marine entro le 12 miglia dalla costa sono 3 milioni 720 mila (1,8 milioni i maschi, 1,9 milioni le donne). Di questi, 37.153 sono diciottenni al primo appuntamento col voto. Se vinceranno i «sì», le concessioni per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi scadranno nei termini previsti al momento del rilascio o dell’ultima proroga e non potranno essere rinnovate perché ricadenti nel limite di applicazione del divieto di perforazione nel frattempo approvato dal parlamento (le 12 miglia, per l’appunto). Viceversa se vinceranno i «no», oppure il referendum non raggiungerà il quorum (50% degli aventi diritto più uno), resterà in vigore la norma voluta dal Governo che consente di rinnovare le concessioni in questione, nonostante il divieto, fino a che il giacimento non sarà esaurito.
I seggi allestiti dalle Dolomiti al Delta del Po sono 4.739 e resteranno aperti dalle 7 alle 23 (le percentuali sull’affluenza saranno rese note dal ministero dell’Interno alle 12, alle 19 e alle 23; gli scrutini inizieranno subito dopo la chiusura delle operazioni di voto). L’elettore deve recarsi presso la sezione indicata sulla sua tessera elettorale, portando con sé quest’ultima e un documento di identità. Ci sono bar aderenti al comitato del «sì» (come il Punky Reggae Pub di San Zenone degli Ezzelini, Treviso) che dietro presentazione della tessera elettorale timbrata sono pronti ad offrire una birra fresca. Non sfugge infatti agli stessi promotori della consultazione (per la prima volta nella storia della Repubblica sono le Regioni) che l’obiettivo più complicato sarà portare la gente a votare su un argomento che certo non scalda gli animi come il divorzio, il finanziamento dei partiti o l’aborto. L’ultima volta che il quorum è stato raggiunto è stato in occasione del referendum sull’acqua pubblica, nel 2011, ed erano 16 anni che non ce la si faceva. Nel caso del Veneto sarà curioso vedere se l’obiettivo verrà centrato, vista l’adesione totalitaria da parte della politica regionale, dalla Lega ad ampie frange del Pd passando per il Movimento Cinque Stelle, e l’impegno in prima persona sia del governatore Luca Zaia che del presidente del consiglio Roberto Ciambetti. Un impegno testimoniato anche dal fatto che la Regione oggi aprirà le porte della sua sede di Roma, in via del Tritone, per ospitare il comitato referendario. Ancor più nello specifica la lente sul Polesine, territorio che ha patito le devastanti conseguenze delle trivellazioni degli anni Cinquanta: la sensibilità sul tema sarà maggiore o minore che nel resto del Veneto?
Va detto, in ogni caso, che davanti alle nostre coste non è attualmente in attività alcuna piattaforma estrattiva. L’unica esistente, «Ada 2-3-4», costruita nel 1982 al largo di Chioggia dall’Eni, non è neppure allacciata alla rete. Sono comunque vigenti 7 concessioni di ricerca e 8 concessioni di coltivazione e 10 di queste rientrano nel fatidico limite delle 12 miglia (4 concessioni di ricerca e 6 concessioni di coltivazione), dunque ricadono nell’ambito di applicazione del referendum. Se vinceranno i «sì», una volta scaduto il termine (al più tardi il 2024) diventeranno carta straccia, se vinceranno i «no» dureranno invece fino ad esaurimento del giacimento ma solo in linea teorica, visto che una norma del 1991 pensata a difesa di Venezia, impedisce le perforazioni in Adriatico dal Po di Goro alla foce del Tagliamento. Per trivellare è necessario l’accertamento della «non sussistenza di apprezzabili rischi di subsidenza sulle coste», una circostanza che, ad oggi, nessuna compagnia è riuscita a dimostrare con assoluta certezza.