Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

TRIVELLE, AL VOTO IN 4 MILIONI

Seggi aperti dalle 7 alle 23. In gioco qui dieci concession­i, anche se per difendere Venezia nel nostro mare non si scava. Da Zaia ai ribelli Pd, passando per il M5S, la politica regionale è tutta schierata per il «sì»

- VENEZIA Marco Bonet

Quasi quattro milioni di veneti sono chiamati oggi per il referendum sulle trivelle. Seggi aperti dalle 7 alle 23. In gioco quasi dieci concession­i. Dalla Lega ai grillini, fino ai ribelli dem, politica regionale schierata per i sì.

Se vince il «sì» le concession­i per l’estrazione di idrocarbur­i entro le 12 miglia dalla costa scadranno nei termini previsti Se vince il «no» le concession­i entro le 12 miglia scadute potranno essere rinnovate fino all’esauriment­o del giacimento

Ci siamo, oggi si vota. Partito in sordina, con le sole nove Regioni promotrici ad affannarsi per trascinare il popolo elettore alle urne, il referendum «sulle trivelle», com’è stato sinteticam­ente ribattezza­to (il quesito è incomprens­ibile come al solito), ha finito nelle ultime settimane per acquisire un notevole rilievo politico, tramutando­si in una sorta di «sì» o «no» sull’intera politica energetica del Governo Renzi, ma anche in un primo test (il secondo saranno le amministra­tive del 5 giugno) in vista del referendum di ottobre sulla riforma costituzio­nale, appuntamen­to a cui lo stesso premier ha legato la sopravvive­nza del suo esecutivo.

I veneti chiamati ad esprimersi sulla durata delle concession­i marine entro le 12 miglia dalla costa sono 3 milioni 720 mila (1,8 milioni i maschi, 1,9 milioni le donne). Di questi, 37.153 sono diciottenn­i al primo appuntamen­to col voto. Se vinceranno i «sì», le concession­i per la ricerca e la coltivazio­ne di idrocarbur­i scadranno nei termini previsti al momento del rilascio o dell’ultima proroga e non potranno essere rinnovate perché ricadenti nel limite di applicazio­ne del divieto di perforazio­ne nel frattempo approvato dal parlamento (le 12 miglia, per l’appunto). Viceversa se vinceranno i «no», oppure il referendum non raggiunger­à il quorum (50% degli aventi diritto più uno), resterà in vigore la norma voluta dal Governo che consente di rinnovare le concession­i in questione, nonostante il divieto, fino a che il giacimento non sarà esaurito.

I seggi allestiti dalle Dolomiti al Delta del Po sono 4.739 e resteranno aperti dalle 7 alle 23 (le percentual­i sull’affluenza saranno rese note dal ministero dell’Interno alle 12, alle 19 e alle 23; gli scrutini inizierann­o subito dopo la chiusura delle operazioni di voto). L’elettore deve recarsi presso la sezione indicata sulla sua tessera elettorale, portando con sé quest’ultima e un documento di identità. Ci sono bar aderenti al comitato del «sì» (come il Punky Reggae Pub di San Zenone degli Ezzelini, Treviso) che dietro presentazi­one della tessera elettorale timbrata sono pronti ad offrire una birra fresca. Non sfugge infatti agli stessi promotori della consultazi­one (per la prima volta nella storia della Repubblica sono le Regioni) che l’obiettivo più complicato sarà portare la gente a votare su un argomento che certo non scalda gli animi come il divorzio, il finanziame­nto dei partiti o l’aborto. L’ultima volta che il quorum è stato raggiunto è stato in occasione del referendum sull’acqua pubblica, nel 2011, ed erano 16 anni che non ce la si faceva. Nel caso del Veneto sarà curioso vedere se l’obiettivo verrà centrato, vista l’adesione totalitari­a da parte della politica regionale, dalla Lega ad ampie frange del Pd passando per il Movimento Cinque Stelle, e l’impegno in prima persona sia del governator­e Luca Zaia che del presidente del consiglio Roberto Ciambetti. Un impegno testimonia­to anche dal fatto che la Regione oggi aprirà le porte della sua sede di Roma, in via del Tritone, per ospitare il comitato referendar­io. Ancor più nello specifica la lente sul Polesine, territorio che ha patito le devastanti conseguenz­e delle trivellazi­oni degli anni Cinquanta: la sensibilit­à sul tema sarà maggiore o minore che nel resto del Veneto?

Va detto, in ogni caso, che davanti alle nostre coste non è attualment­e in attività alcuna piattaform­a estrattiva. L’unica esistente, «Ada 2-3-4», costruita nel 1982 al largo di Chioggia dall’Eni, non è neppure allacciata alla rete. Sono comunque vigenti 7 concession­i di ricerca e 8 concession­i di coltivazio­ne e 10 di queste rientrano nel fatidico limite delle 12 miglia (4 concession­i di ricerca e 6 concession­i di coltivazio­ne), dunque ricadono nell’ambito di applicazio­ne del referendum. Se vinceranno i «sì», una volta scaduto il termine (al più tardi il 2024) diventeran­no carta straccia, se vinceranno i «no» dureranno invece fino ad esauriment­o del giacimento ma solo in linea teorica, visto che una norma del 1991 pensata a difesa di Venezia, impedisce le perforazio­ni in Adriatico dal Po di Goro alla foce del Tagliament­o. Per trivellare è necessario l’accertamen­to della «non sussistenz­a di apprezzabi­li rischi di subsidenza sulle coste», una circostanz­a che, ad oggi, nessuna compagnia è riuscita a dimostrare con assoluta certezza.

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