Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Dilagano i voucher, cause e proteste
Campagna critica dei sindacati, Veneto Lavoro vuole vederci chiaro
In Veneto dilaga l’uso dei voucher. Nel 2015 ne sono stati staccati oltre quindici milioni, una cifra che pone la regione al secondo posto in Italia dietro alla Lombardia: un «quasi» primato giudicato dalle associazioni sindacali in particolare ma anche da alcuni economisti - come negativo e foriero di storture di mercato. Eppure la storia dei voucher, una decina d’anni, a cominciare dalle prime sperimentazioni in agricoltura, era iniziata con tutt’altre aspettative.
I «buoni-lavoro» da sette euro e mezzo l’ora più un euro e trenta di contributi pensionistici all’Inps, 70 centesimi all’Inail e 50 centesimi di gestione del servizio, sono stati concepiti con le migliori intenzioni: far emergere il lavoro nero in ambiti ben definiti,dai raccoglitori di fragole nel Veronese ai vendemmiatori nel Trevigiano passando per gli stagionali nel turismo lungo il litorale veneziano. Allargamento dopo allargamento, le maglie normative si sono definitivamente sfilacciate con il decreto legislativo 81 del 2015 che ha sancito il «liberi tutti» sul «lavoro accessorio». Piastrellisti, giornalisti, organizzatori di eventi, muratori, educatori inclusi. Con la terza media o con un master executive in tasca non fa differenza, la livella dei voucher è arrivata quasi ovunque.
Non c’è più limite al dilagare del «junk-job», i «lavoretti» che per i sindacati sono associabili ai «lavori spazzatura» per assenza di tutele e, alla lunga, di reali garanzie pensionistiche. Il Veneto è in prima fila con, in più, un mistero da sciogliere: secondo i dati Inps, su 15 milioni e 161.243 voucher da 10 euro staccati nel 2015, 7 milioni 609.324 risultano spesi alla voce «altre attività». Tradotto: nella classifica dei settori in cui si usano i voucher, solo la metà sono impiegati tra commercio, turismo, servizi, attività sportive e culturali, giardinaggio e pulizia, agricoltura e lavori domestici. E quindi in che settori si colloca l’altra metà? «A questa domanda – spiega Bruno Anastasia di Veneto Lavoro – non c’è risposta. I dati sono troppo scarni». Non a caso Veneto Lavoro sta preparando una ricerca mirata sul fenomeno.
«Il polso della situazione è chiaro – commenta Enrico Piron segretario della Cgil di Venezia – pare che anziché far emergere il nero, i voucher stiano sommergendo il bianco». Fra i casi-denuncia segnalati ai sindacati molti sono di lavoratori di fatto dipendenti ma pagati in nero salvo qualche voucher sporadico che funziona a meraviglia nel caso faccia capolino l’ispettorato del lavoro. I trucchi si moltiplicano e, stando ai sindacati, non è difficile aggirare la normativa che prevede un massimo di 2000 euro da un unico datore di lavoro fino a 7000 euro l’anno da più committenti. «Penso alle colf, ai dipendenti di aziende a conduzione familiare – conclude Piron – spalmando su tre committenti il monte massimo di voucher e aggiungendoci un po’ di nero si può tenere un lavoratore un anno senza violare la legge».
Sulle barricate anche la Cisl con il nuovo segretario Onofrio Rota: «Le segnalazioni sono allarmanti. Non giudichiamo negativo lo strumento ma deleterio l’uso che se ne fa per i lavoratori e per le casse dell’Inps che con una contribuzione risibile, il 13%, rischia di minare ulteriormente le sue fondamenta». Duro anche Gerardo Colamarco, segretario regionale della Uil: «Cosa impedisce a un datore di lavoro di acquistare dei buoni-lavoro e poi, verificato che non sono “arrivati” gli ispettori, consegnarne solo una parte rispetto alle ore lavorate o, addirittura, restituirli recuperando i soldi? Da una stima Uil, dal 2008 al 2015 sono stati venduti quasi 278 milioni di voucher per circa 2,8 miliardi. I voucher riscossi sono stati solo 256 milioni». Sempre secondo la Uil Verona, Treviso e Padova sono al quarto, ottavo e nono posto tra le province italiane in cui sono stati venduti più voucher (rispettivamente 3,3 milioni, 2,8 milioni e 2,7 milioni). Venezia è undicesima (2,6 milioni).
I sindacati stanno organizzando vere e proprie campagne di protesta e stanno raccogliendo sostenitori anche tra i giuslavoristi. Tra questi c’è il docente di Ca’ Foscari Adalberto Perulli: «La normativa è quanto meno ambigua. I voucher sono la punta dell’iceberg. Il decreto attuativo del Job’s Act, l’81/2015, definisce il contratto a tutele crescenti “la forma contrattuale comune” ma contemporaneamente rafforza tutte le forme di lavoro precario, dal contratto a termine al lavoro interinale, dallo staff leasing al lavoro a chiamata. Per spingere il contratto a tutele crescenti ci sarebbe dovuta essere una contestuale restrizione per i contratti precari, invece si sono soppressi i cocopro per re-
Cgil-Cisl e Uil: «Sono nati per regolarizzare il lavoro nero, stanno sostituendo quello bianco». Tutte le strategie dei furbetti. «Ma nel turismo e in agricoltura funzionano»
suscitare i cococo. E il voucher, che doveva essere una forma contrattuale residuale, continua a guadagnare terreno».
Le distorsioni a cascata non mancano anche a causa della «tracciabilità sospesa» dei voucher (in attesa, recita una circolare del Ministero del Lavoro che «si attivino le necessarie procedure informatiche»). Ci sono già i primi casi veneti finiti in tribunale. Lo schema è semplice: si licenzia un dipendente per giustificato motivo fingendo di sopprimere la posizione lavorativa e subito dopo si assume un nuovo dipendente pagato con i voucher o più dipendenti che si dividono la posizione lavorativa sempre pagati con i voucher. Alcuni dipendenti licenziati con questo sistema hanno deciso di far causa all’ex datore di lavoro rivolgendosi ora ai sindacati ora direttamente al giudice. E intanto l’Inps rischia grosso. «È un disastro anche per la tenuta dell’istituto – commenta Vanna Giantin della Cisl e membro del Comitato Regionale Inps del Veneto – del resto c’è molta disoccupazione e a ricattare la gente, così, si fa presto».
Non è tutto da buttare, certo. In agricoltura, ad esempio, il voucher funziona ancora bene e non risulta strumento di abusi. «Nel 2008 siamo stati i pionieri del voucher con la vendemmia – ricorda Alberto Bertin dell’ufficio legislativo di Coldiretti Veneto – poi è stato un crescendo ma non si arriva ai 600.000 voucher staccati. Gli abusi che innegabilmente non mancano, sono da ricercare alla voce “altri settori”, un buco nero». Difende la categoria degli agricoltori anche Claudio D’Ascanio direttore di Cia Veneto «è un falso mito che i voucher siano molto utilizzati in agricoltura visto che in Veneto coprono appena il 2% del totale». Neppure Federturismo Veneto ci sta: il suo presidente, Marco Michielli sottolinea come per il turismo il voucher sia una benedizione: «Se mi arriva un bus con 40 ospiti inaspettati che faccio? Chiamo personale che verrà pagato in voucher per un giorno. L’alternativa era stipulare contratti della durata di 24 ore, una follia. Poi ci sono spiagge e spiagge. A Jesolo con le aperture fuori stagione si usano molto, a Bibione meno: resta il fatto che così si combatte il lavoro nero con uno strumento fondamentale. Certo, da usare con trasparenza».