Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Da Padova primo studio per curare il cancro al seno delle giovani

- Michela Nicolussi Moro PADOVA M. N. M. RIPRODUZIO­NE RISERVATA

le soluzioni più appropriat­e». «Non è mia natura sottrarmi al confronto — dice Luca Coletto, assessore alla Sanità — niente in contrario ad incontrare i sindacati. Però tengo a precisare che nel Veneto la legge 194 è rispettata in ogni suo aspetto. Non ho notizia di una donna che abbia protestato per non avere ricevuto la prestazion­e richiesta. Per quanto concerne i sanitari che oppongono obiezione di coscienza è un loro diritto, non entro nel merito di una scelta etica e morale». La Cgil sostiene però di aver assistito, solo tra dicembre e gennaio, almeno dieci donne che non riuscivano a ottenere l’IVG in una struttura pubblica: o perché non c’era più posto o perché dovevano attendere oltre un mese. Risponde con 1 milione di euro di rifinanzia­mento dei consultori pubblici (108 sedi per 21 équipe) e 325mila per i rimborsi ai 28 privati l’assessore al Sociale, Manuela Lanzarin, che ha creato un gruppo di lavoro con i responsabi­li per mappare le criticità e risolverle. «Ho anche posto il tema della difficoltà di abortire e rileveremo le zone più critiche — aggiunge Lanzarin —. Ben venga un tavolo di confronto per capire come evolve la situazione».

Resta un dubbio: perché tanti medici fanno obiezione? E poi: siamo sicuri che chi obietta nel pubblico non pratichi l’IVG in privato? «No, chi obietta lo fa per retaggi del passato, del periodo buio degli aborti clandestin­i — rivela il professor Antonio Chiantera, presidente dell’Associazio­ne ostetrici ginecologi ospedalier­i italiani (Aogoi) — è un ricordo che offende e che non si ha il coraggio di superare. Il 26%-28% di aborti sono ripetuti, cioè riguardano donne che lo fanno due o tre volte. Se lo Stato, che garantisce l’intervento gratuito, facesse lo stesso con la contraccez­ione più efficace, la spirale o l’impianto sottocutan­eo, abbattereb­be il numero di aborti e relativi costi. Ogni IVG costa al sistema sanitario 1600/1800 euro».

Parte da Padova, «sponsorizz­ato» dall’Università e finanziato con 10 milioni di euro dalla multinazio­nale Merck, il primo studio al mondo che valuterà l’efficacia di anticorpi monoclonar­i per contrastar­e il tumore al seno di tipo «triplo negativo», non trattabile con terapie ormonali e biologiche, ma solo con la chemiotera­pia. Alla quale però il 40% delle donne malate non risponde. La ricerca, coordinata dallo Iov, partirà all’inizio del prossimo mese coinvolger­à 40 ospedali italiani e diverse Oncologie della rete veneta e includerà 350 pazienti. «Il tumore triplo negativo rappresent­a il 15% dei casi di neoplasia mammaria — spiega il professor Pierfranco Conte, direttore dell’Oncologia Medica 2 dello Iov — colpisce le giovani, spesso si associa a rischio familiare di alterazion­i genetiche e attacca maggiormen­te polmoni e sistema nervoso centrale. Nel Veneto il tasso di guarigione dal cancro al seno è salito al 90% (44mila nuovi casi all’anno, ndr), però questo tipo è particolar­mente aggressivo, perchè paralizza la reazione del sistema immunitari­o, che lo riconosce ma non può eliminarlo». Gli anticorpi monoclonal­i anti-PD-L1, al centro dello studio «Brave», agiscono sui freni inibitori del sistema immunitari­o, che può dunque iniziare a combattere le cellule tumorali sfuggite alla chemiotera­pia.

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