Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Depresso per la malattia e i tre figli morti uccide la compagna e si spara alla testa
Gianfranco Pavan, 75enne di Mira, stava attraversando un momento difficile. Dopo il colpo alla donna, ha chiamato una parente e ha tentato il suicidio. Ora lotta tra la vita e la morte all’Angelo
Un cugino è andato subito a casa di Pavan, ma appena ha arrivato ha sentito altri colpi: l’anziano, sentendo il rumore dell’auto, si è sparato in bocca nella camera da letto
L’ultima a vederli è stata una vicina di casa, che era andata a trovarli venerdì sera. Il tempo di bere un caffè insieme, di raccontarsi le ultime novità. Erano preoccupazioni, più che altro, quelle di Gianfranco Pavan: il rinnovo della patente che forse non sarebbe arrivato, la macchina, una Panda rossa, che non partiva dal giorno prima, il non potersi più prendere cura dei campi e tagliare l’erba intorno alla casa. E poi non vedeva un miglioramento con le cure, dato che stava combattendo contro un melanoma che gli aveva provocato la rottura di un femore e un intervento all’altro, costringendolo a camminare con le stampelle.
Sicuramente, in questo periodo di forte turbamento ha giocato un ruolo importante anche la mancanza dei suoi tre figli, tutti scomparsi negli anni in circostanze diverse. Ma mai si sarebbe potuta immaginare una tragedia simile. Gianfranco venerdì sera era visibilmente preoccupato e ha chiesto alla vicina di andarsene. «Le ha detto alcune volte “Vai via”», racconta il figlio della donna, che ieri mattina è stata sentita dai carabinieri. Poche ore dopo, alle 7 del mattino, Gianfranco ha provato a contattare il nipote Fiorenzo. Era a lui che si affidava quando aveva delle difficoltà o quando aveva bisogno di aiuto. Ma il suo telefono era spento e così ha composto il numero di una parente che abita nelle vicinanze, a trecento metri, in via Del Cigno: ho ucciso Emilia, le ha detto. «Mia zia inizialmente l’ha preso come uno scherzo, non voleva crederci. Non le sembrava possibile ma poi mio cugino è andato effettivamente a vedere – racconta Fiorenzo - Lui quando ha sentito il rumore dell’auto si è sparato in bocca».
È stato il cugino il primo a scoprire il dramma. Il primo a entrare nell’abitazione che la compagna di Gianfranco, Emilia Casarin, aveva ereditato dai genitori. Una casa colonica immersa nelle campagne al confine con Borbiago di Mira, in via Fossa Donne 73, dove conviveva con Gianfranco da decenni e dove ieri c’era un via vai di carabinieri e residenti, curiosi di sapere che cosa fosse successo. Tra l’ingresso e la cucina c’era il corpo ormai privo di vita di Emilia, 66 anni, che in passato aveva lavorato come guardiana alla «Marchi», un’impresa della zona. Come hanno ricostruito i carabinieri della compagnia di Mestre, che ieri mattina hanno eseguito i rilievi insieme ai colleghi del nucleo investigativo, della tenenza di Mira e al pm veneziano Antonia Sartori, la donna è stata raggiunta da un colpo di pistola al petto esploso dal compagno, 75 anni, trovato invece agonizzante figli che forse non è mai riuscito a superare, anche perché avvenuta in circostanze drammatiche. «Ha sempre sentito la loro mancanza – continua il nipote -, ma nell’ultimo periodo ci sono state diverse cose che lo hanno preoccupato». Prima fra tutte, il non potersi dedicare più ai campi, a tagliare l’erba, agli animali. Lui ed Emilia avevano un cane, una tartaruga e due gatti. Uno dei mici era morto e la sua «tomba», nel giardino, ieri si notava da una croce sull’erba.
«Emilia era un’amante dei gatti – ricorda un vicino -. Ogni giorno metteva delle crocchette sulla stradina che porta a casa loro e dava da mangiare anche ai miei. Lui ha sempre tenuto tutto in ordine, in camera da letto. Respirava a fatica, ma era ancora vivo. Dopo averla uccisa ha telefonato alla sorella e ha cercato di farla finita, concludendo ciò che aveva iniziato. Il piano era avvisare qualcuno, ma il finale ma adesso non riusciva più a lavorare». Si muoveva in bicicletta quando poteva, anche perché non sapeva se gli avrebbero rinnovato la patente visto che era costretto a sorreggersi sulle stampelle. Anche questa era una delle sue preoccupazioni. «Tutte queste cose l’avevano portato a convincersi di non farcela, era preoccupato per Emilia, diceva che lei non ce la faceva e che aveva troppo da fare – dice il nipote - Ma mai avrei pensato che arrivasse a questo». Gianfranco, riservato e amante della solitudine, un tipo tranquillo con una pensione modesta che gli consentiva di vivere bene, ma anche una fragilità nascosta.
Lui ed Emilia si erano conosciuti non è stato quello pensato.
Il proiettile lo ha trapassato da una parte all’altra e adesso il pensionato è ricoverato in condizioni disperate nel reparto di rianimazione all’ospedale dell’Angelo di Mestre. Sta lottando tra la vita e la morte, contro qualcosa che non aveva certamente previsto. Quella pistola, una calibro 38, la deteneva regolarmente da tempo, dopo che aveva saputo che nelle vicinanze c’erano state diverse incursioni dei ladri. Gli serviva per sentirsi più tranquillo. Nessuno, però, pensava che l’avrebbe usata per compiere un simile gesto, nessuno immaginava che sarebbe arrivato a questo, anche se lo si vedeva turbato da tempo.
La corsa in ambulanza verso l’Angelo ieri mattina è stata disperata e in queste ore i medici ce la stanno mettendo tutta per cercare di salvargli la vita, mentre i carabinieri stanno raccogliendo deposizioni per cercare di ricostruire i fatti con maggiore precisione. Mentre si attende l’esame autoptico sul corpo di Emilia, le prossime ore saranno decisive per il pensionato, che aveva lavorato come autista e per anni aveva vissuto in Libia. La casa è stata posta sotto sequestro.
Il vicino Una coppia solida, erano gentili
quarant’anni fa e avevano deciso di condividere le loro vite insieme, immersi in quel verde che tanto amavano. «Una coppia solida, riservata e con un ottimo rapporto», dicono i conoscenti. Qualche volta andavano in chiesa a Marano. «Lavoravo con lei in passato – racconta una vicina -. Era una persona di poche parole, era nata qui. Lui a volte veniva a portarci la posta perché il postino sbagliava indirizzo». Eppure le preoccupazioni di Gianfranco, nonostante la sua gentilezza, lo hanno portato a impugnare la pistola e ad ammazzare la donna che amava, prima di cercare di togliersi la vita.