Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Olmi, la vita e il nuovo film «La salvezza è nel perdono»
ome deve essere la poesia? Onesta!», diceva Umberto Saba. Ed Ermanno Olmi itera la risposta ad ogni espressione d’arte. Con ironia e suggestione, il maestro della cinematografia, dalla sua Asiago, dove è arrivato per la prima volta nel 1959, quando ancora lavorava alla Edison, e si è subito innamorato del senso di comunità che la pervadeva, ricorda: «Vi ho colto i paradigmi della classica commedia goldoniana, carica di stravolgente complessità». Un ambiente ideale – sottolinea Olmi – per vivere qui, dove si costruisce naturalmente comunità, condivisione, dove si può ancora essere «ingenui ma felici».
Riflette con pacatezza sui giorni che ci attendono, sulla contemporaneità, e parla del un futuro.
Dopo il film Torneranno i prati, acuta e incisiva riflessione sulla guerra, ha in mente un film-documentario sulla figura del cardinale Carlo Maria Martini, il gesuita, Arcivescovo di Milano, al quale aveva dedicato una lunga, intensa intervista prima della letale malattia. «Il materiale è già tutto pronto», assicura Loredana, sua compagna di una vita.
Nella lunga attività di regista, Olmi (il 25 luglio compirà 85 anni) ha raccontato, in 22 film, decine di documentari, la vita e la saggezza degli uomini, le loro relazioni, la terra madre, il senso e il significato del lavoro, la fede.
Continuano ad interessarlo due grandi aspetti della contemporaneità: il lavoro e i giovani. «Il lavoro – dice Olmi non può essere condanna, piuttosto opportunità, per rendere più significativa la fisionomia umana, la presenza di ciascuno di noi tra gli altri, non per irrompere con superficialità nella scena. Spesso ci si chiede: perché voglio essere notato? Ancora domande. Quando ci si rivolge ai giovani, li consideriamo soggetti od oggetti di rappresentazione? Come li individua e, appunto, li rappresenta la società, come li interpretano i mezzi di comunicazione?»
Torniamo al film sul cardinale Martini. Il maestro è restio a parlarne. «Martini – spiega Olmi – è un personaggio che segnerà il futuro, i tempi e la storia, non solo della Chiesa». Farlo capire è l’impegno assunto dal regista.
Poi cambia pensiero, forse per non scoprirsi troppo, e cita sorridendo Marcello Mastroianni il quale era solito affermare: «Facciamo un lavoro dove ci divertiamo moltissimo, e perfino ci pagano».
Olmi ribadisce che «ciascuno, nelle proprie fatiche, deve essere e sentirsi utile a sè stesso, e a gli altri, e deve farlo con l’ingenuità e la felicità che caratterizza ogni bambino».
Sono le tragedie della quotidianità a portarci su un altro tema assillante: la pace, le relazioni tra gli uomini. Olmi suggerisce e rilancia quel «per-dono» che caratterizza non solo il pensiero cristiano, quell’invito, vecchio di duemila anni, quel fondamentale «ama il prossimo tuo come te stesso» che lui coniuga in maniera ancora più incisiva: «Dovrebbe essere vissuto come un ama il prossimo tuo più di te stesso».
Parliamo di libertà, di democrazia, di partecipazione, anche di violenze, di barbarie, di guerra. «La guerra è una brutta bestia che gira il mondo e non si ferma mai»: commenta, citando le parole del pastore Toni Lunardi, il protagonista della pellicola girata nel 1969, I recuperanti, costruita con Tullio Kezich e Mario Rigoni Stern.
La memoria degli uomini è corta. Ermanno Olmi torna al suo pensiero: se l’uomo imparasse a perdonare… «La salvezza del mondo sta nel perdono, parola che se pronunciata nella sua forma composta, per-dono, ci svela anche come dev’essere, cioè gratuito». Ma purtroppo l’uomo è vittima di sè stesso, di desideri insaziabili. Perciò non sa perdonare. Affrontiamo l’argomento «religioni». «Il nemico oggi sono le religioni, specie quando parlano di un Dio che non ha, non esercita il perdono, che ignora la solidarietà umana. Non capisco più il mondo nel quale vivo». Aggiunge: «Forse non è questa la fine del mondo, certo è la fine del nostro mondo! Siamo diventati poverissimi».