Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
VENEZIA, IL LIBRO E L’INCONTRO CON ZANZOTTO
Il boom di Fulvio Roiter in Italia come maestro della fotografia (l’Europa lo aveva...
Il boom di Fulvio Roiter in Italia come maestro della fotografia (l’Europa lo aveva onorato fin dal 1956 con il prix Nadar), nasce nel ’77 con Essere Venezia. Un best-seller da un milione di copie, anzi, un long-seller che vende sempre. Un libro su un soggetto iconograficamente consunto e dunque rischioso, in cui Fulvio aveva creduto. A partire dall’inedito formato orizzontale e dalla scelta di usare il colore: una scommessa, poiché allora la «foto d’autore» era in bianconero. Quel che gli mancava, quando tutto fu pronto, era un testo da accompagnare alle immagini. «L’unico che può scrivere qualcosa all’altezza delle tue ambizioni è Andrea Zanzotto», gli dissi. «Te lo faccio conoscere».
L’incontro avvenne nella casa di campagna della mia famiglia, a Refrontolo, nel Trevigiano, poco lontano da quella Pieve di Soligo divenuta, grazie al poeta, «un piccolo grande cuore del mondo», secondo la definizione di Magris. Dopo la cena, nella quale il vitalismo di Roiter era dilagato, il momento critico venne con la proiezione delle diapositive. Fulvio spiegava con febbrile entusiasmo la genesi di ogni foto. E Andrea, preso forse dalle sue eterne fisime, taceva. Al momento dei saluti, pensai: ho fatto un azzardo nel credere di poter associare due uomini così diversi… la scintilla non è scattata, non ne uscirà niente. Sbagliavo. Ispirato dalla quella sequenza di clic, Zanzotto scrisse in pochi giorni uno dei suoi più importanti brani in prosa, «Venezia, forse». Con pagine in ogni senso straordinarie. Come quelle in cui contrappone lo sbalordimento felice del Carlino di Ippolito Nievo davanti alle acque caste della laguna di Torcello e s’inginocchia e piange per la commozione, all’angoscia di chi oggi vi coglie invece i riflessi torbidi e malati del fosgene. Roiter, che vedeva le sue fotografie affiancate da un testo di tale raffinatezza letteraria e di tale potenza evocativa, me ne fu sempre grato. Al punto da compensarmi vestendo i panni del «fotografo di matrimoni» alle mie nozze (ma quella volta in bianco e nero), un anno più tardi.