Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Permessi «comprati», patteggiano i tre poliziotti Pena concordata per 10 imputati, tra cui Gobbato, Chiumento e Damo. Altrettanti a giudizio
Ventitré anni complessivi di carcere. Questa la pena decisa dal gup Marta Paccagnella, che ieri ha chiuso la prima fase del processo sui falsi permessi di soggiorno che venivano procurati da un’organizzazione del Veneto Orientale capeggiata da tre agenti del commissariato di Jesolo. Ieri ci sono stati 10 patteggiamenti ed altrettanti rinvii a giudizio. La pena più pesante l’ha avuta il sovrintendente della polizia scientifica Denis Gobbato (4 anni e 11 mesi), poi 4 anni all’ispettore Riccardo Chiumento, addetto al settore immigrazione, e infine due anni (con pena sospesa) al sovrintendente Michele Damo, responsabile del posto di fotosegnalamento. Per i complici dei tre poliziotti, gli avvocati hanno concordato con il pm Stefano Buccini, titolare dell’inchiesta, una pena di due anni per Alexia Restrepo, Halim Palowan, John Fredy Velazquez Hernandez, Carlos Andres Martinez Pena, Andrea Giraldo Jaramillo e Luisa Fernanda Munoz Hernandez, un anno e 10 mesi per Valerie Munoz Ceron. Rinviati a giudizio, invece, gli altri stranieri con posizioni minori (reclutatori e fiancheggiatori). rinnovati con la presentazione di documenti falsi, grazie ad agenti « compiacenti » del commissariato, in cambio di grosse somme di denaro. Sulla base delle prove acquisite, il pm Buccini aveva chiesto e ottenuto le ordinanze di custodia cautelare per associazione per delinquere, corruzione e accesso abusivo ad un sistema informatico. Chiumento e Gobbato contraffacevano la documentazione per il rilascio dei titoli e si erano introdotti abusivamente nel sistema informatico della questura, mentre Damo aveva chiesto ed ottenuto somme di denaro (100 o 200 euro a seconda dei casi, circa duecento quelli accertati) per anticipare gli appuntamenti degli stranieri all’ufficio immigrazione del commissariato di Jesolo. La posizione di Damo si era aggravata quando era emerso, tra i vari episodi, un caso di tentata concussione nei confronti di una donna ucraina. Per convincerla a pagare una tangente di 2 mila euro, l’avrebbe picchiata con violenza, ma il tribunale di Venezia l’aveva poi assolto per non aver commesso il fatto. Ora la prima pena.
Falsi