Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Le parti offese salgono a 1.200 E il sindaco scrive al ministro: «In procura servono rinforzi»
Un fiume inarrestabile di denunce, migliaia di pagine, testimonianze, documenti contabili. In procura a Vicenza, che gestisce i filoni principali dell’inchiesta-monstre sulla Banca Popolare, continuano ad arrivare nuove segnalazioni da parte degli azionisti che hanno perso i propri risparmi.
Sono salite a milleduecento le «parti offese» che si sono rivolte al procuratore capo Antonino Cappelleri, che coordina il lavoro del team di sostituti incarico di seguire l’indagine. Una mole di fascicoli impressionante, che ha costretto gli inquirenti a chiedere rinforzi: ai pm Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi, presto si affiancherà anche Alessandro Severi, attualmente alla Corte d’Appello di Venezia.
Ma forse, anche così, le forze in campo potrebbero non essere sufficienti. Ieri il sindaco del capoluogo berico, Achille Variati, ha preso carta e penna e scritto al ministro della Giustizia Andrea Orlando per chiedere il potenziamento dell’organico: «Sono noti da anni i problemi strutturali della nostra procura, sia quanto ai magistrati che quanto al personale di cancelleria - scrive il primo cittadino -. Tali problemi sono diventati ancora più insostenibili e rischiano di aggravarsi in futuro a causa dei recenti avvenimenti che hanno riguardato la Banca Popolare di Vicenza, oggetto di indagini particolarmente complesse, delicate ed impegnative.
Variati/1 Servono risorse per chiudere l’indagine
Una situazione critica anche in considerazione delle ricadute economiche e sociali generate dal crollo del valore degli investimenti di 119 mila soci della Banca, molti dei quali piccoli risparmiatori e aziende della nostra città, della provincia e del territorio anche extra provinciale che stanno avanzando denunce all’attenzione della Procura. Questa criticità sociale si somma agli effetti della lunga crisi economica iniziata nel 2008 e rischia di diventare pericolosa».
Il magistrato in più appena inviato dal Csm? Non basta, a detta di Variati: «Servono ancor più risorse al fine di consentire che l’iter della giustizia in generale, ed in particolare le indagini riguardanti la Popolare, possano svolgersi nel tempo più breve possibile garantendo quindi la massima efficacia».
A prescindere da quanti saranno i componenti del team che dovrà affrontare la maxiinchiesta, i sostituti procuratori dovranno districarsi tra i diversi i reati ipotizzati fino a questo momento: si va da quelli messi nero su bianco negli avvisi di garanzia spiccati in occasione delle perquisizioni dello scorso settembre condotta nella sede dell’istituto di credito (l’aggiotaggio e l’ostacolo alla vigilanza), fino all’estorsione, la truffa, l’associazione a delinquere e il falso in bilancio.
Il filone principale è naturalmente quello che ruota intorno al sospetto che le azioni di intralcio alla vigilanza e la falsificazione dei conti fossero state messe in piedi da un gruppo stabile di persone, all’interno del Cda e della banca.
Sono sei gli indagati: tre consiglieri e tre manager, tra cui l’ex presidente di Banca Popolare di Vicenza, Giovanni Zonin, e l’ex direttore generale Samuele Sorato.
Il lavoro del procuratore Cappelleri corre parallelamente a quello portato avanti da altre due procure italiane. C’è quella di Udine che, sulla scorta delle denunce presentate da diversi azionisti friulani, ipotizza l’estorsione e la truffa. E c’è quella avviata dai magistrati di Prato, che indagano su sedici tra manager e direttori di filiali, e avrebbero in mano centinaia di documenti e le email scambiati tra i vertici dell’istituto vicentino e i funzionari delle filiali toscane.
In entrambi i casi, la tesi è che centinaia tra imprenditori e semplici risparmiatori sarebbero stati «costretti» a comprare azioni. «Altrimenti sostengono - la Banca ci avrebbe negato i prestiti».
Variati La giustizia arrivi in tempi brevi