Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Tutti vogliono far vino (e business) Caccia ai terreni
Al posto dei pascoli e dei seminativi, filari di viti. Vigne nella Bassa veronese, nel Veneziano, nel Rodigino. Per adesso è solo una suggestione, ma non è detto che, in un prossimo futuro, il profilo della campagna veneta non sia destinato a cambiare. Il tutto nasce dal boom di domande presentate in Veneto per le autorizzazioni di nuovi impianti viticoli. Secondo l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura su 66mila ettari richiesti, complessivamente, in tutta Italia, oltre la metà proverrebbero dalla nostra regione. Si tratta di richieste per trasformare in vigneto 34.677 ettari di campagna. E a fare domanda di nuovi impianti sarebbero soprattutto le aziende cerealicole e zootecniche, quelle che stanno vivendo una gravissima crisi di settore e che nel vino vedrebbero il possibile sbocco per ottenere redditività. Sarà veramente così? Per adesso no, perché la Pac (Politica agricola comune) prevede regole piuttosto precise per l’introduzione di nuovi impianti.
Eppure, la tendenza è troppo evidente per essere trascurata. Spiega Christian Marchesini, presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella: «Ogni regione, secondo le regole del nuovo sistema, ha diritto all’1% della superficie vitata, che corrisponde alla quota di incremento stabilita dalla nuova Pac per gli Stati membri. L’Italia possiede 650mila ettari, quindi il potenziale annuo di vigneti è di 6.500 ettari. Al Veneto, che conta su 80mila ettari, quest’anno ne verranno concessi 800. La domanda di 34mila nuovi ettari eccede, dunque, in maniera abnorme la disponibilità». Ma cosa potrebbe comportare un aumento incontrollato della superficie vitata nella nostra regione? Secondo Marchesini una serie di problemi che finiranno per massificare e svilire i grandi vini veneti. «Questa ubriacatura di domande crea problemi nel modo di gestire flussi così repentini e rischia di portare ad uno svilimento di zone produttive che hanno ottenuto riconoscimenti importanti. La viticoltura si sposterebbe in zone non vocate, togliendo vigneti alle colline del Valdobbiadene o alla Valpolicella o ad altre nostre doc, che si vedranno concedere 230 metri per ettaro».Il presidente del Consorzio di tutela del Prosecco, Stefano Zanette, si dice preoccupato per la concorrenza che una simile sovrapproduzione porterebbe alle grandi doc. «Come Consorzi — spiega — lavoriamo per gestire al meglio le nostre denominazioni, ma non abbiamo voce in capitolo per le produzioni al di fuori dei nostri territori. Significa che quella produzione di vino, non gestita da nessuno ma realizzata con i nostri vitigni, finirà per creare concorrenza, al ribasso, ai nostri prodotti». La scelta, tuttavia, non è ineluttabile. E Marchesini si appella alla Regione: «Va impostata una corretta programmazione. Ci auguriamo che nel bando del 2017 si pongano paletti precisi, che tengano conto nell’assegnazione delle autorizzazioni di importanti requisiti come l’appartenenza a zone storiche o delle aziende che lavorano con qualità».