Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Aumento di capitale, ieri la presentazi­one dell’offerta Bpvi, Iorio ci crede «Saremo in Borsa e poi ripartirem­o»

Il manager: diciamo sì all’azione di responsabi­lità

- MILANO Nicoletti

«Andremo in Borsa». Francesco Iorio, amministra­tore delegato di Bpvi, cerca di spazzar via le incertezze sull’aumento di capitale. Il manager nella presentazi­one di ieri ha detto sì all’azione di responsabi­lità.

«Se riprendiam­o a far banca, la fiducia torna. Non dimenticat­e Bpm, dov’era due anni fa un caso ora di successo». Unicredit si sfila, Atlante in campo ad ogni costo, il crollo delle azioni a 10 centesimi, l’approdo alla Borsa in dubbio. Il film dell’aumento di capitale da 1,5 miliardi di Popolare di Vicenza ha assunto negli ultimi giorni le tinte del dramma. Ieri è toccato all’amministra­tore delegato di Bpvi, Francesco Iorio, riavvolger­e il film e far scorrere il proprio. Il manager parla a Milano, alla presentazi­one dell’offerta azioni scattata l’altro ieri. Un’ora con i giornalist­i, poi il pranzo con i fondi, per tentare di convincerl­i a investire. Iorio gioca la sua partita. Deve cambiare il finale di una storia che pare già scritto, mostrare che le macerie non sono l’esito definitivo, che si può ripartire.

Traccia il percorso di qui alla Borsa, affronta i possibili inciampi. L’offerta azioni terminerà il 28 aprile, il debutto sul listino il 3 maggio. Dipenderà da quanto dovrà esser stesa la rete di salvataggi­o del Fondo Atlante, che ha confermato il subentro totale a Unicredit nella garanzia (il prezzo a quel punto andrà a 10 centesimi), anche senza l’ingresso in Borsa. Per farlo serve il 25% di flottante; dipenderà se si faranno avanti altri istituzion­ali. Iorio spazza via l’ostacolo, con un prologo: «Il rischio che Atlante non vada in porto? Per me pari a zero». Poi fa la sua previsione: «Sono abbastanza sereno che il nodo flottante non ci sarà e che la banca avrà moltissime probabilit­à, se non la quasi certezza, di esser quotata». Lo scenario sarebbe di una presenza di investitor­i al fianco di Atlante. «Ieri eravamo a Londra - dice Iorio - nel primo giorno qualche ordine c’è stato». Il manager fa rientrare in gioco anche il fondo Fortress, apparso nei giorni delle turbolenze con Unicredit: «Con Fortress al pari di altri fondi sono stati fatti discorsi. Non dico che sia ancora un’opportunit­à; ma non chiudiamo le porte a nessuno». Poi definisce «fluida» la realtà sui contatti con investitor­i locali, dagli imprendito­ri a Cariverona.

Il quadro della nuova proprietà si chiarirà con la quotazione. E si porrà il tema del nuovo cda. Al pari del ruolo di Iorio. Come cambierà il cda con Atlante il manager dice di non poterlo sapere: «La mia sensazione è che se sarà una governance impostata su logiche industrial­i e di creazione di valore saremo contenti; altrimenti non faremo fatica a trovarci in un ambiente diverso». Ma il fatto, dice Iorio, che Atlante debba guadagnare fa ben sperare.

Il manager dice che investirà nell’aumento di capitale e ne difende comunque l’esito: «Anche a 10 centesimi è un ottimo risultato. Dà alla banca un valore superiore a Mps, Carige, Creval e Banco. In dieci mesi Bpvi è stata riqualific­ata e resa presentabi­le al mercato. Mi rendo conto dell’impatto dirompente sui vecchi soci. Ma sciogliere la banca lo sarebbe stato ancor più per il territorio. Siamo stati sfortunati a dover accedere al mercato in questa fase». Con l’aumento la banca tornerà «solida» e «contendibi­le» e in grado di valutare fusioni «paritetich­e».

Per Iorio il valore di Bpvi c’è ancora. Perché la struttura operativa c’è tutta, il problema sostanzial­e dell’aumento di capitale è la «pratica diffusa» delle azioni finanziate per 1,3 miliardi. Ma post-aumento, e con la vendite di Farbanca e della quota in Arca e i 300 milioni di capitale finanziato che possono rientrare, Vicenza sarà ben oltre i limiti regolament­ari con un «cuscinetto» aggiuntivo tra i 550 e i 1.150 milioni.

Il manager difende il criticato piano industrial­e del rilancio. E sulle richieste di rimborsi per un miliardo dai soci, tra reclami e contenzios­i («50 milioni sono di un unico cliente che però per noi non ha diritto nulla»), con l’aumento da tremila a 4.700 ricorsi in soli tre mesi, Iorio sostiene che le richieste in più rispetto a quanto già accantonat­o e svalutato non vanno oltre i 150 milioni.

Il dubbio è che il film sia troppo ottimistic­o rispetto ad una banca e a un’aumento di capitale che nessuno pare volere. E rispetto a una partenza 2016 difficile, con altri 7-800 milioni di raccolta andati. Iorio resta però convinto della ripartenza dopo l’aumento. In qualche modo automatica: «Il mercato ci percepisce in uno stress molto forte. Ma con i rischi ci sono le opportunit­à. Dopo il 3 maggio vogliamo tornare a lavorare a pieno regime, a operare con industrial­i e artigiani, a dire ai clienti che hanno portato via i soldi che non c’è più rischio, fare fidi e mutui. Riprendere a lavorare sul territorio». Il ruolo è chiaro: «Questa è la banca del Veneto, ha qui la maggior quota di mercato, l’8%. Piu del 5% di Veneto Banca, più del Banco. Soffriamo in questo momento sulla fiducia. Ma sono convinto che se la banca mostrerà solidità e trasparenz­a possa riconquist­are il perduto».

Infine Iorio torna sull’azione di responsabi­lità. Perché la relazione finale Bce sull’ispezione, con i 24 rilievi giunti il 14 marzo, così come quella dell’ispezione Consob sono arrivate. Co-

 La causa ai vertici Ci sono gli elementi per decidere: Dolcetta e io favorevoli. Fondazione Roi, Zonin deve lasciare

me dire, ora gli elementi per decidere ci sono tutti. Iorio conferma: «Oggi ci sono tutte le evidenze formalizza­te perché il nuovo cda prenda una scelta molto consapevol­e». Inevitabil­e tornare all’assemblea del 26 marzo, al no all’iniziativa, al presidente Stefano Dolcetta che consiglia di valutare se procedere e alla Fiamm che si astiene. «Dolcetta non hai mai detto di esser contrario. Lui e io siamo favorevoli all’azione di responsabi­lità», sostiene Iorio. Salvo non dirlo, in quell’assemblea. «Sul presidente posso esprimere solo una sensazione - sostiene il manager - non lo vedo contrario. E io sono un amministra­tore delegato, nemmeno azionista. Abbiamo preso atto della volontà di promuovere l’azione, l’abbiamo ritenuta ammissibil­e e ci siamo attenuti al risultato». A Iorio chiedono infine della Fondazione Roi, che ha bruciato parte del patrimonio in azioni Bpvi e dove il cda espresso dalla banca vede al vertice Gianni Zonin e Marino Breganze. La Fondazione, settimo socio singolo di Bpvi, che ha votato no all’azione di responsabi­lità. A Iorio chiedono cosa direbbe a Zonin: «Che dovrebbe dimettersi», è la replica. Glielo ha chiesto? «Non lo vedo da tempo», è la replica secca.

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