Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Dalla Regione un fondo per le cause dei cittadini
Scontro politico sulla contaminazione. Berti: «Avevamo ragione noi». Inchiesta anche a Verona
Scontro politico sulle sostanze perfluoroalchiliche. Il Movimento 5 Stelle accusa l’assessore regionale all’Ambiente: «Diceva che facevamo terrorismo sul caso Pfas, invece avevamo ragione, ora chieda scusa ai veneti». Ma Gianpaolo Bottacin ribatte: «Sono i grillini a dire falsità quando sostengono che l’acqua potabile è fuori controllo». Mentre la Regione pensa ad un fondo per le spese legali di famiglie e imprese contaminate, a Roma si lavora sui limiti per le acque di scarico.
Dannose come la beffa delle azioni svalutate, pericolose come le incursioni ladresche in casa. E così, alla stregua delle banche popolari e della difesa personale, anche le sostanze perfluoroalchiliche potranno meritare «azioni di assistenza e tutela legale della popolazione interessata» da parte della Regione (al netto di eventuali impugnazioni da parte del governo, com’è avvenuto giusto ieri per il fondo anti-criminalità). A prevederlo è la risoluzione che martedì sarà messa ai voti a Palazzo Ferro Fini, su proposta congiunta di maggioranza e opposizione, determinate a ricompattarsi dopo che in queste ore è in corso un acceso scontro tra l’assessore Gianpaolo Bottacin e il Movimento 5 Stelle.
I pentastellati attaccano il titolare dell’Ambiente per le sue dichiarazioni dello scorso 22 marzo. «Durante il consiglio regionale straordinario sui Pfas — accusa il capogruppo Jacopo Berti — l’assessore ha detto in aula e alla stampa che stava valutando gli estremi per denunciarci per procurato allarme. Ma alla luce di quello che è emerso, spero che abbia la decenza di vergognarsi. Ne va della dignità e serietà dell’istituzione che rappresenta. Ora chieda scusa a tutti i veneti per aver minacciato e trattato come delinquenti cittadini, associazioni, il Movimento 5 Stelle e tutte le opposizioni, colpevoli solamente di avere detto la verità». Contestazioni rispedite al mittente dal leghista Bottacin: «Sostenere che l’acqua potabile non è sicura, come hanno fatto loro, significa dire una falsità. Quel giorno ho parlato per le mie competenze e lo ribadisco: per quanto riguarda il servizio idrico integrato, tutti gli impianti sono stati messi in sicurezza ancora nel 2013, dunque non è vero che la situazione è fuori controllo. Su questa vicenda la Regione sta facendo di tutto e di più, non accetto rimproveri».
Sulle iniziative politiche Lega e M5S si sfidano a distanza. L’europarlamentare leghista Mara Bizzotto ha presentato un’interrogazione urgente per chiedere alla commissione europea «di attivarsi, anche economicamente» per supportare gli enti locali, i cittadini e le imprese agricole, con l’auspicio che i responsabili siano chiamati «a pagare direttamente». La deputata grillina Silvia Benedetti ha invece depositato una proposta di legge per introdurre un limite alla concentrazione delle Pfas nelle acque di scarico: «Perché aspettare l’estate? Il governo se vuole può intervenire in tempi assai più rapidi», afferma in riferimento all’indicazione riferita dal deputato dem Filippo Crimì, secondo cui «la procedura di riconoscimento di queste sostanze come inquinanti dovrebbe essere completata nel giro di pochi mesi ed il principio dovrebbe entrare già a maggio nel rinnovo dell’accordo di programma per il bacino Fratta-Gorzone».
Nell’attesa a Venezia sarà votata la risoluzione che impegna la giunta regionale anche ad «estendere la campagna di prelievi e controlli». Primo firmatario è il presidente Roberto Ciambetti, ma con il sostegno di tutti i gruppi, compresa la Lista Moretti che annovera l’unica consigliera sottoposta al biomonitoraggio, Cristina Guarda: «Ho ben 54 di Pfoa, mentre il Pfos è nella norma, forse mi sono un po’ tutelata scegliendo dal 2008 di bere solo acqua della bottiglia».
Intanto, così come a Vicenza, anche a Verona è stata aperta un’inchiesta. A condurla è il sostituto procuratore Francesco Rombaldoni, che ieri ha chiesto ufficialmente i risultati dello studio epidemiologico. L’ipotesi di reato è disastro ambientale e al momento non ci sono indagati. Il fascicolo comunque è aperto dal 17 novembre 2014, quando venne presentato il primo esposto da parte di Legambiente Verona, che ne ha inviato un secondo un mese fa e che adesso, come annuncia il vicepresidente Lorenzo Albi, ne sta vagliando pure un terzo alla luce dei nuovi esiti delle analisi. Già nel dossier di un anno e mezzo fa, oltre alle sottoscrizioni di singoli cittadini, venne allegata anche la consulenza medicoscientifica del dottor Vincenzo Cordiano di Isde Vicenza (Associazione medici per l’ambiente), che «dimostra come — sostiene Legambiente — l’esposizione a una tale contaminazione possa determinare l’insorgenza di gravi patologie mediche».