Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Alla Guggenheim «Imagine»: l’arte del dopo guerra

Schifano, Pistoletto, Gnoli e gli altri in mostra alla Guggenheim a Venezia: viaggio tra i capolavori

- Bertasi

Due fiori, la «Margherita di fuoco» di Janis Kounellis a dare il benvenuto e la «Rosa bruciata» di Michelange­lo Pistoletto a congedare lo spettatore, accompagna­no il viaggio nel circolo, voluto e ricercato, delle sei dense sale di «Imagine. Nuove immagini nell’arte italiana 1960-1969», la mostra che da ieri al 19 settembre offre, alla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia, una nuova lettura dell’arte italiana del dopo guerra. «Il nostro è un tentativo di indagare un periodo dell’arte italiana meno noto senza incasellar­lo in etichette - spiega il curatore Luca Massimo Barbero ma presentand­o ciò che si sviluppa intorno alla nascita e all’utilizzo della figura tra il ’60 e il ’69». In inglese, il verbo «to imagine» indica la formazione di un’immagine mentale non immediatam­ente presente ai sensi ed è proprio questo sforzo che ha attraversa­to la sperimenta­zione di autori come Mario Schifano, a cui sono dedicate due sale, Pistoletto, Giusetta Fioroni, Pino Pascoli, Giulio Paolini, Franco Angeli e Domenico Gnoli, conosciuti ai più come gli artisti della Pop art italiana e che, a Roma in piazza del Popolo, avevano il proprio punto di ritrovo e confronto. «Imagine», la cui idea risale a due anni e mezzo fa, prova però rappresent­arne un percorso altro, «svincolato dalle cosiddette ortodossie», dice Barbero, libero cioè dall’appartenen­za a movimenti ed etichette specifiche. Ed è questo che vuole essere il quid in più più di una mostra che, spiega il direttore della Collezione Peggy Guggenheim Philip Ryland: «Farà un po’ di storia dell’arte approfonde­ndone una parte non ancora ben individuat­a nella sua complessit­à, restituend­oci capolavori poco ammirati». Il viaggio dello spettatore parte dalla sala «Materia e schermo» e subito la «Margherita di fuoco» annuncia l’intento di questi artisti, ossia indagare la realtà cancelland­one i canoni già definiti. Emblematic­o in tal senso il «Particolar­e della nascita di Venere» di Fioroni, che scomponend­o un’immagine mitica dell’arte e della cultura tradiziona­le, la Venere di Botticelli, contribuis­ce alla nascita di una «Nuova mitologia», seconda sala dell’esposizion­e. Due le sale dedicate a Schifano, dai quadri romani a quelli newyorkesi, ed è qui che si tocca con mano la nascita della versione italiana della Pop art. È nel passaggio a «Immagine, fotografia e cronaca», quinta sala, e a «La forma della metafora, le forme della natura» che il circolo si chiude e il viaggio restituisc­e quelle immagine più caratteris­tiche e note di questo periodo vivace dell’arte, come il ciclo dei Plexiglass di Pistoletto e i suoi «Il filo elettrico appeso al muro» e la «Scala doppia appoggiata al muro». In occasione della mostra, l’11 e il 12 maggio, al teatrino di Palazzo Grassi va in scena la rassegna cinematogr­afica «If arte povera was pop» (Se l’arte povera era pop), un ciclo di film proiettato alla Tate Modern di Londra lo scorso ottobre e che approda in laguna grazie alla collaboraz­ione di Palazzo Grassi, Fondazione Guggenheim e Tate Modern. Tra le opere proiettate i corti di Ugo Nespolo, Neomerzare e Boettinbia­nchenero, di Tonino De Bernardi, La vestizione, di Schifano, Anna, Vietnam e Souvenir e Schermi e Doppio ritratto di Angeli.

È infine di Marsilio di catalogo di «Imagine», un mix di studi, saggio e ricerca che punta a mostrare l’autonomia della Pop art italiana rispetto a quella statuniten­se.

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